Nel sale che consumiamo comunemente ci sono tracce di plastica. Non si salva nessuno, dagli Stati Uniti alla Cina, passando per l'Europa. Che viviamo in un pianeta ormai invaso dalla plastica non è una novità, ma adesso questo inquinante materiale rischia di finire (sicuramente lo fa già), quotidianamente nei nostri piatti
Nel sale che consumiamo comunemente ci sono tracce di plastica. Non si salva nessuno, dagli Stati Uniti alla Cina, passando per l’Europa. Che viviamo in un pianeta ormai invaso dalla plastica non è una novità, ma adesso questo inquinante materiale rischia di finire (sicuramente lo fa già), quotidianamente nei nostri piatti.
Una nuova ricerca pubblicata in anteprima dal Guardian ha dimostrato che piccole particelle sono state trovate nel sale marino usato in vari paesi, Regno Unito, Francia, Spagna, Cina e Stati Uniti.
Lo studio arriva a pochi giorni di distanza da un’altra analisi che aveva fatto rabbrividire il mondo. La ricerca, condotta a livello globale da Orb Media, un’organizzazione no-profit specializzata in giornalismo d’inchiesta, aveva scoperto che l’83% dei campioni di “acqua potabile” è contaminata da plastica. In altre parole, miliardi di persone bevono acqua potabile contaminata da particelle di plastica.
E adesso tocca anche al sale
I ricercatori ritengono che la maggior parte della contaminazione derivi dalle microplastiche derivanti da oggetti monouso come le bottiglie d’acqua abbandonate in mare. Secondo le Nazioni Unite, fino a 12,7 milioni di tonnellate di plastica finiscono negli oceani di tutto il mondo ogni anno.
“Non solo sono le materie plastiche pervasive nella nostra società in termini di uso quotidiano, ma sono pervasive anche nell’ambiente”, ha detto Sherri Mason, professore presso la State University of New York di Fredonia, che ha condotto le ultime ricerche sulla presenza di plastica nel sale. Le materie plastiche sono “onnipresenti, nell’aria, nell’acqua, nei frutti di mare che mangiamo, nella birra che beviamo, nel sale che usiamo, la plastica è ovunque” sostiene Mason.
Collaborando con i ricercatori dell’Università del Minnesota per esaminare le microplastiche nel sale, nella birra e nell’acqua potabile, la ricerca ha esaminato 12 diversi tipi di sale (compresi 10 sali marini) acquistati in negozi di alimentari statunitensi presenti in tutto il mondo.
I risultati sono preoccupanti: consumando 2,3 grammi di sale al giorno si potrebbero ingerire fino a 660 particelle di plastica all’anno. Tuttavia, considerando che in alcuni paesi se ne consuma ancora di più rispetto alla dose raccomandata, questa cifra sale vertiginosamente.
L’impatto dell’ingestione di plastica sulla salute non è noto. Gli scienziati da tempo si interrogano ma con difficoltà visto che non riescono a trovare un gruppo di controllo di esseri umani che non siano mai stati esposti.
“Tutti sono esposti a un certo punto in qualsiasi momento, dalla gestazione alla morte”, hanno scritto nel 2013 i ricercatori della Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health e dell’Arizona State University. “I livelli rilevabili di bisfenolo A sono stati trovati nell’urina del 95% della popolazione adulta degli Stati Uniti”.
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Un altro studio, condotto in Malesia, era giunto alla stessa conclusione, scoprendo che su 17 marchi di sale marino venduti in 8 paesi differenti, solo uno era privo di plastica. Il resto dei campioni presentava un totale di 72 particelle di cui 1 su 10 conteneva microplastiche.
Uno scenario davvero poco rassicurante visto l’utilizzo quotidiano del sale. Un motivo in più per ridurne le quantità a tavola.
Francesca Mancuso