Combattere la fame nel mondo con funghi e batteri. La ricerca italiana che potrebbe ridurre le carestie

Un nuovo studio dell’Università di Pisa in collaborazione con quella di Copenhagen avrebbe ideato un metodo per aumentare la produzione di cibo a livello mondiale partendo dai terreni agricoli e dall'aumento dell’assorbimento di fosforo nelle piante.

Carestie: e se si tentasse di risolvere il problema della fame nel mondo incrementando l’assorbimento di fosforo nelle piante e nel suolo? Un nuovo studio dell’Università di Pisa in collaborazione con quella di Copenhagen avrebbe ideato un metodo che potrebbe risultare un valido tentativo di aumentare la produzione di cibo a livello mondiale partendo dai terreni agricoli trattati con funghi e batteri.

Lo studio riguarda in particolare le piante di mais ed è stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports con un unico obiettivo: mettere la parola fine alle carestie e ampliare la produzione di cibo globale, in particolare nei Paesi africani.

Una ricerca di una grossa portata, se si considera che una sfida importante per l’agricoltura è proprio quella di fornire nutrienti vegetali sufficienti come il fosforo per soddisfare la domanda alimentare globale. Una quantità di fosforo adeguata è infatti uno dei punti principali proprio per il ruolo essenziale che esso stesso gioca nella crescita vegetale e per la sua disponibilità nella produzione di fertilizzanti.

Ebbene, questo studio ha indagato se i biofertilizzanti e i biostimolanti come i funghi micorrizici arbuscolari (AMF ) e i loro batteri associati potrebbero migliorare la crescita e l’assorbimento di fosforo nelle piante di mais.

Il team internazionale di studiosi, coordinato dalla professoressa Manuela Giovannetti dell’Università di Pisa e dal professore Iver Jakobsen dell’Università di Copenhagen, ha così scoperto il meccanismo grazie al quale alcuni batteri benefici associati alle radici delle piante possono far aumentare la crescita e l’assorbimento di fosforo che si trova già nel suolo.

Le piante sono affamate di fosforo, lo richiedono in grandi quantità per una crescita ottimale – spiega la dottoressa Monica Agnolucci dell’Ateneo pisano – infatti il fosforo è un componente strutturale di biomolecole coinvolte in processi metabolici chiave, come la fotosintesi, la sintesi di DNA, RNA e fosfolipidi, la respirazione e il trasferimento di energia”.

In pratica, secondo i risultati di questi studi, alcuni microrganismi associati alle radici sarebbero la via ottimale verso lo sfruttamento e la mobilizzazione del fosforo del suolo.

Basti pensare – spiega la Giovannetti – che l’uso di fertilizzanti a base di fosforo è aumentato da 5 a 20 milioni di tonnellate dal 1961 al 2013 e che le riserve nel mondo si stanno esaurendo mentre la produzione di cibo, non solo in Italia, ma in tutta Europa, dipende totalmente dalle importazioni dai principali paesi produttori che sono Marocco, Cina e USA”.

ciclo fosforo

Uno studio che, secondo gli autori, sembrerebbe essere “l’inizio di una proficua collaborazione scientifica sul tema dei biofertilizzanti e biostimolanti”.

E non solo: la Giovannetti spiega che si stanno progettando nuove ricerche finalizzate a utilizzare i ceppi batterici non solo per la crescita e la nutrizione delle piante “ma anche per la produzione di alimenti vegetali ad alto valore salutistico”.

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Una gran bella scommessa, insomma, anche perché probabilmente ci vorranno dei terreni agricoli coltivati ad hoc, in cui sia escluso l’impiego di prodotti antifungini di sintesi o di metalli pesanti, o ridotto il numero di lavorazioni continue che causano ossidazioni o di particolari concimazioni. Una scommessa che però potrebbe avere un significativo risvolto: carestie e fame dimezzate. Sempre, ovvio, se non si debbano prima fare i conti con gli interessi dei soliti pochi.

Germana Carillo

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