Il carbone è una fonte di energia non rinnovabile, inquinante e con nulle prospettive benefiche per la Terra. Investire in questa risorsa non solo è inutile, ma è dannoso per un Pianeta che già soffre per i cambiamenti climatici e che presto dovrà fare i conti con un aumento di temperatura già significativo, in grado di costringerci a strategie di adattamento.
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Il carbone è una fonte di energia non rinnovabile, inquinante e con nulle prospettive benefiche per la Terra. Investire in questa risorsa non solo è inutile, ma è dannoso per un Pianeta che già soffre per i cambiamenti climatici e che presto dovrà fare i conti con un aumento di temperatura già significativo, in grado di costringerci a strategie di adattamento.
La combustione del carbone infatti è una delle sorgenti primarie di emissioni di anidride carbonica, uno dei principali gas serra, che stanno facendo incrementare la temperatura. Eppure non sembra che questa realtà scientifica sia universalmente accettata, come dimostrano le intenzioni annunciate dalla nuova amministrazione USA di incentivare gli investimenti nel settore, rilanciando addirittura la produzione nelle miniere.
E anche in Europa, purtroppo, non sembra si retroceda in modo significativo. Abbiamo ancora 280 centrali operative, la maggior parte delle quali di 30 anni o anche più vecchie, quindi ancora meno efficienti e, se possibile, anche più inquinanti. Non solo: molte di loro si trovano vicini ai centri abitati, creando diretti problemi anche sulla salute della popolazione.
Il nostro Paese si attesta come uno dei “meno dipendenti” dal carbone, ma tra le prime 30 centrali più inquinanti figurano due delle nostre, rispettivamente all’ottavo e al dodicesimo posto.
In particolare si tratta della centrale Federico II di Brindisi (in Puglia) e quella di Torrevaldaliga Nord (nel Lazio). Le centrali italiane, inoltre, (circa una decina) forniscono circa il 13% del fabbisogno elettrico nazionale ma pesano per quasi il 40% sulle emissioni di CO2.
Per fare chiarezza sui rischi di questa obsoleta e dannosa politica energetica, abbiamo intervistato Gianmaria Sannino, Responsabile del Laboratorio ‘Modellistica climatica e impatti’ dell’ENEA.
CENTRALI A CARBONE, IL QUADRO DELLE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA
“L’anidride carbonica sta continuando a crescere e questo perché non è cambiato assolutamente niente” tuona Sannino all’inizio della nostra intervista […] Il carbone continua ad essere esportato tranquillamente. Gli accordi presi a Parigi al termine della COP21 non sono ancora entrati in funzione”.
Il 2015 infatti ha registrato un triste record: per la prima volta nella storia umana, la prima volta in 3 milioni di anni, infatti,i i livelli globali di CO2 hanno superato i limiti di sicurezza e ormai in modo permanente.
Ma purtroppo la situazione non è cambiata, anzi.
“Misurare l’anidride carbonica in atmosfera dà il polso della situazione – ci spiega infatti Sannino – il 2016 è stato il primo anno in cui il livello di questo gas serra è rimasto in maniera stabile al di sopra di 400 ppm (parti per milione), e il 2017 sta proseguendo con questo trend. Infatti nei primi tre mesi di quest’anno in corso si sono registrati valori ancora al di sopra di quella soglia (oscilliamo intorno ai 410 ppm)”.
“Questo marzo, in particolare, si è attestato come il secondo più caldo di sempre e il primo più caldo di sempre è stato marzo 2016. I record si succedono ad una frequenza che non si è mai vista prima. Quindi direi che l’andamento dell’anidride carbonica a livello mondiale non risente assolutamente degli accordi di Parigi”.
Pertanto le Nazioni si riuniscono, prendono accordi, li ratificano nei loro territori, confermando le intenzioni, ma nulla cambia. Non solo, qualche “grande” Paese cambia anche idea. E le cose peggiorano. Anche di più di quanto si pensi.
“Gli scenari climatici che erano stati previsti dagli economisti che si occupano di energia contenevano anche il peggiore in assoluto, quello che noi chiamiamo 8.5, nel quale nessuno avrebbe preso alcuna misura, considerato l’aumento della popolazione. La notizia triste è che noi stiamo andando proprio su questo scenario” ha dichiarato Sannino.
“Tali scenari erano stati tracciati nel 2011-2012 e negli anni successivi abbiamo sempre riprodotto il peggiore, invece di impegnarci in quello migliore, che noi indichiamo come 2.6, dove in un primo momento le emissioni di anidride carbonica si stabilizzano, per poi essere abbattute. Di conseguenza anche la Terra si sta modellando sulla situazione peggiore, ben lontana da quella immaginata a Parigi”.
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GLI EFFETTI CLIMATICI DEL CARBONE (COME DI TUTTE LE FONTI FOSSILI)
“Investire sul carbone come fonte di energia non è decisamente non è la mossa migliore per il nostro pianeta – ribadisce l’esperto climatologo – Ormai è più che assodata la correlazione stretta tra l’aumento di temperatura nel nostro pianeta e la quantità di gas climalteranti, tra i quali l’anidride carbonica è il più importante insieme al metano. Questi infatti possono significativamente modificare la composizione chimica dell’atmosfera e quindi indurre l’effetto serra sul nostro pianeta”.
“Ciò detto, è abbastanza ovvio immaginarsi che puntare al carbone non può essere la soluzione per mitigare i cambiamenti climatici, che sono già in atto e che comunque ci costringeranno a strategie di adattamento (più ondate di calore, livello del mare che aumenta). Ricordiamo che, anche se fossero messe in atto le misure prese alla COP21 (mantenere l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C, e aspicabilmente al di sotto di 1,5°C rispetto al 1860, l’anno di riferimento), comunque la Terra si troverà a dover gestire un clima diverso da quello attuale”.
“E la mitigazione non potrà essere fatta a livello locale: ha senso solo a livello globale. Solo la COP21 poteva dare qualche indirizzo su come agire, ma sembra che qualche Paese stia venendo meno agli accordi. Gli Stati Uniti stanno infatti rimettendo in discussione tutto e questo non va bene affatto. La Cina acquista carbone perché costa meno, quindi se anche gli USA cambiano rotta è la fine davvero”.
Dove vogliamo andare? Cosa pensiamo? Di avere ancora tempo forse? Che le cose si sistemeranno da sole? Non è così.
“Alla fine del 2016 la temperatura del nostro pianeta ha già raggiunto 1.1°C in più rispetto all’anno di riferimento – sottolinea Sannino – Davanti a noi, quindi, non abbiamo un grosso orizzonte temporale: il grado e mezzo è dietro l’angolo. Abbiamo solo 0.4°C da evitare di raggiungere, per cui dobbiamo assolutamente evitare di immettere altra anidride carbonica in atmosfera“.
Ma chi deve farlo in modo particolare?
“Ricordiamo che nel ranking internazionale, nel 2015 come nel 2016, i primi tra Paesi emettitori sono Cina, Stati Uniti e India, quindi Russia e Giappone. L’Italia è al 18-esimo posto – continua Sannino – Vien da sé che chi si deve davvero impegnare in questo momento sono soprattutto Cina e Stati Uniti”.
Già, proprio gli Stati Uniti che ora cambiano idea. Erano i secondi emettitori anche quando promettevano impegno nel limitarsi. Non riusciamo ad immaginare cosa potrebbe accadere se anche questi impegni verranno meno…
“Anche se l’Italia facesse radicali cambi di rotta, come diciottesima, non ce ne accorgeremmo nemmeno a livello globale. Già se lo facesse tutta l’Europa sarebbe qualcosa – sottolinea – Ma se tale cambio di rotta fosse messo in atto da quei Paesi qualcosa cambierebbe di certo. Quindi messaggi che non vanno in questa direzione e che vengono da un grande Paese come gli USA non lasciano ben sperare sulla mitigazione del clima”.
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GLI EFFETTI DELLA COMBUSTIONE DI CARBONE SULLA SALUTE
Le centrali a carbone producono, oltre ai gas serra, anche polveri pericolose per la salute. Il rapporto ‘La nuvola scura sull’Europa: come i paesi a carbone fanno ammalare i loro vicini’, che analizza l’impatto sulla salute dell’inquinamento atmosferico prodotto da tutte le centrali elettriche a carbone UE per i quali i dati sono disponibili (257 centrali su 280), ha rivelato inequivocabilmente che nel 2013 le emissioni di tali centrali sono state responsabili di oltre 22.900 morti premature, di decine di migliaia di casi di malattie (patologie cardiache e respiratorie), nonché di costi sanitari fino a 62,3 miliardi di euro, e che tali effetti dannosi viaggiano ben oltre i confini nazionali.
Quindi l’inquinamento derivante dalle centrali a carbone non riguarda solo gli abitanti delle zone limitrofe. Un completo disastro, che può essere limitato solo smettendo di utilizzare questa fonte di energia pericolosa per l’ambiente e per la salute.
GLI EFFETTI ECONOMICI DEL CARBONE
Certo, le centrali a carbone, così come le miniere e tutti i settori correlati, offrono posti di lavoro, questo è innegabile. Ma per quanto? E soprattutto, a che prezzo?
“L’industria del carbone sostiene che investire sul carbone è fondamentale per la lotta contro l’estrema povertà e per favorire l’accesso all’energia per miliardi di persone nei paesi in via di sviluppo. Ma in realtà, è vero il contrario” si legge a chiare lettere nel rapporto ‘Oltre il carbone – Passare all’energia pulita per combattere la povertà globale’, pubblicato a ottobre 2016 dall’Odi (Overseas Development Institute).
“L’impegno globale per sradicare la povertà entro il 2030 non richiede di investire nel carbone e che questo è incompatibile con la stabilizzazione del clima della terra. L’evidenza è chiara: una duratura soluzione alla povertà richiede che le economie più ricche del mondo rinuncino al carbone – continua il testo – Noi possiamo e dobbiamo far finire l’estrema povertà senza investire in nuovo carbone”.
D’altro canto è vero anche che le rinnovabili offrono a loro volta posti di lavoro e reali benefici economici. Su questo è intervenuta anche assoRinnovabili, che ci ha scritto:
“Come dimostrano importanti studi indipendenti, le fonti rinnovabili hanno un saldo tra i costi sostenuti per il loro sviluppo e i benefici che producono quantificabile tra i 30 e i 105 miliardi al 2030 (dato attualizzato ad oggi). Tra questi benefici vi è sicuramente la caratteristica di essere più labour intensive delle fonti tradizionali, per cui a parità di energia prodotta, impegnano più addetti e permettono di aumentare gli occupati del settore energia”.
“Dall’ultimo Rapporto Attività del GSE emerge come nel 2016 le fonti pulite abbiano prodotto quasi 3 miliardi di PIL e dato lavoro a oltre 50 mila persone, tra occupati permanenti e temporanei: se si continuerà ad investire nell’energia green, questo dato, già confortante nell’attuale periodo di crisi economica, è destinato senza dubbio a crescere ulteriormente”
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CARBONE, LA SOLUZIONE C’E’!
“Fermo restando che ogni sistema di abbattimento delle emissioni che risulti efficace ovviamente è il benvenuto – ha continuato Sannino – sicuramente le fonti di energia rinnovabili possono essere la soluzione. Penso all’eolico, al fotovoltaico, ma non solo. Esistono anche altre fonti di energia rinnovabile che tra l’altro possono innescare un processo virtuoso di generazione posti di lavoro. Perché dunque non puntare alle rinnovabili, visto che hanno già dimostrato di essere un’ottima soluzione per la mitigazione dei cambiamenti climatici invece di continuare a puntare sul carbone?”.
“Infatti, intanto deve essere provato che sia un carbone “pulito”, e non da chi lo produce o lo utilizza, ma da terze parti in grado di stabilirne il grado di “pulizia”. E comunque, onestamente, punterei più sulle rinnovabili che sul carbone “pulito” ” conclude il climatologo.
I climatologi e tutti gli esperti del settore chiedono di fermare questa follia. Ma la storia vuole tornare indietro. Perché?
Redazione greenMe.it