Questa volta il cartello “Io qui non posso entrare” non è indirizzato ai nostri amici a quattro zampe, ma a chi indossa una pelliccia.
Questa volta il cartello “Io qui non posso entrare” non è indirizzato ai nostri amici a quattro zampe, ma a chi indossa una pelliccia.
Anche in Italia, la pelliccia comincia a non essere più vista di buon occhio. A Napoli, la pizzeria Sorbillo lancia un monito chiaro: chi la indossa, non potrà mangiare la pizza.
Stessa identica cosa succede al centralissimo bar Arengo di Monza, dove la proprietaria ha lanciato il monito animalista posizionando un cartello all’entrata del locale.
Messaggi importanti che sottolineano, ancora una volta, l’inutilità di indossare dei capi frutto della violenza sugli animali. Ricordiamo che non esistono pellicce etiche, ma solo alternative in ecopelle che non hanno niente da invidiare alle ‘originali’.
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Ma se a Napoli l’idea è stata salutata con entusiasmo dai più, a Monza non sono mancate le polemiche sul cartello antipellice.
C’è chi addirittura accusa la proprietaria del bar di aver dato luogo a una discriminazione.
E pensare che la donna aveva perfino messo un attaccapanni fuori per lasciare il proprio capo.
Qualcuno non ha accolto l’invito, preferendo prendere il caffè da un’altra parte.
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Si sa il dibattito sulle pellicce scatena sempre opposizioni, com’era successo già nel lontano 2014 quando la discoteca Mahiki, la più cool di Londra, frequentata da star internazionali, aveva vietato l’ingresso ai clienti con pellicce animali. Una svolta di tendenza nel mondo del popolo della notte che spesso, fa dell’abbigliamento uno status symbol.
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Oggi per fortuna anche tanti designer, stilisti e brand scelgono tessuti cruelty-free e una moda sempre più animal friendly.
Noi speriamo sempre che il buonsenso prevalga, senza bisogno di divieti.
Dominella Trunfio