Oltre 3500 persone private delle loro terre ancestrali per fare spazio a un parco industriale da costruire con i fondi inviati da tutto il mondo, dopo il tragico terremoto che il 12 gennaio 2010 aveva colpito Haiti.
Oltre 3500 persone private delle loro terre ancestrali per fare spazio a un parco industriale da costruire con i fondi inviati da tutto il mondo, dopo il tragico terremoto che il 12 gennaio 2010 aveva colpito Haiti.
Immagini drammatiche che avevano per sempre sconvolto la vita degli abitanti e che avevano causato la morte di oltre 220mila persone. Segni di ripresa c’erano stati quando si era proclamato che l’uscita dalla crisi sarebbe avvenuta grazie al fotovoltaico.
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Ma per la comunità di Caracol, nel nord del paese le cose non sono andate esattamente così, perché come spiega ActionAid, oltre 422 famiglie si sono viste negare da un giorno all’altro l’accesso alle loro terre ancestrali, fonte primaria della loro sopravvivenza.
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“Le comunità, che hanno subìto da quel momento un drammatico peggioramento delle condizioni di vita, non si sono però arrese”, scrive ActionAid.
In un lungo report ci sono le testimonianze di alcune di queste persone della comunità, tre le tante
Florvil Dieudonne, 51 anni e madre di un figlio, e Jocelyn Previl, 32 anni e madre di due figli, sono due coltivatrici che hanno perso la loro terra a Caracol a causa della costruzione del parco industriale.
“A Jocelyn resta un po’di terra altrove ma ciò che produce non è sufficiente per vivere, anche perché in passato oltre ai suoi figli riusciva a mantenere anche quattro nipoti grazie alla terra che le è stata sottratta. A Florvil non è rimasta terra da coltivare”, si legge.
Le famiglie si sono, dunque, riunite nel collettivo “Kolektif Peyizan Viktim Tè Chabè”, con lo scopo di chiedere giustizia per le violazioni subite ed eque compensazioni. E proprio nella data in cui si ricorda il disastroso terremoto, grazie al sostegno dell ‘Accountability Counsel, sono riusciti a presentare un reclamo presso il MICI, l’organo di investigazione indipendente della IDB (la Banca di sviluppo interamericana, uno dei finanziatori del progetto), con la richiesta di rivedere le compensazioni erogate e adeguarle ai livelli necessari a ristabilire condizioni di vita degne per le popolazioni colpite.
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Un gran bel passo avanti, ma adesso la parola spetta alla Banca di sviluppo, ascoltare le rivendicazioni di queste famiglie. ActionAid invita i cittadini a sostenere la battaglia facendo conoscere la loro storia sui social network e portando all’attenzione dell’opinione pubblica, questa palese violazione dei diritti umani.
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“Sosteniamo la battaglia dei contadini di Caracol, chiedendo alla IDB con un tweet di ascoltare le loro rivendicazioni, e facendo conoscere il caso sui social network! Noi non ci fermeremo finché non avremo ottenuto giustizia”.
#giustiziaperHaiti
Dominella Trunfio
Foto: Benedicte Kurzen/NOOR for ActionAid