Glifosato: i test di sicurezza condotti dalle aziende chimiche per valutare i pericoli dei pesticidi devono essere resi pubblici. E' quanto ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea questa mattina, accogliendo la richiesta di Greenpeace e del Pesticide Action Network (PAN).
Glifosato: i test di sicurezza condotti dalle aziende chimiche per valutare i pericoli dei pesticidi devono essere resi pubblici. È quanto ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea questa mattina, accogliendo la richiesta di Greenpeace e del Pesticide Action Network (PAN).
Per la Corte di giustizia, infatti, questi studi rientrano nell’ambito delle “informazioni sulle emissioni nell’ambiente”, come definito ai sensi della Convenzione di Aarhus e delle norme Ue che hanno recepito questa Convenzione.
“La sentenza stabilisce che le autorità devono pubblicare tutti gli studi utilizzati per le valutazioni dei rischi dei pesticidi, e non possono tenerli segreti per proteggere gli interessi commerciali delle aziende”, spiega Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia.
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Cosa accadrà dopo la sentenza?
“In base alla sentenza odierna, sia le autorità europee che quelle nazionali dovranno d’ora in poi rendere pubblici questi studi in automatico, e non solo a seguito di richieste di accesso ai dati. Nelle valutazioni dei rischi dei pesticidi la trasparenza è di vitale importanza, dato che sono a rischio salute e ambiente”, conclude Ferrario.
Il fatto che i test di valutazione sulla sicurezza delle sostanze analizzate siano effettuati dalle stesse aziende che le producono costituisce di per sé un evidente conflitto di interessi, come ha spiegato Hans Muilerman di PAN Europe:
“La pubblicazione dei risultati integrali servirà a verificare se i dati parziali che le aziende hanno fornito originariamente alle autorità corrispondono a ciò che è effettivamente emerso dagli studi”.
Greenpeace e PAN Europe chiedono nuovamente che i pareri scientifici dell’EFSA, che sono alla base di norme Ue, facciano riferimento a dati scientifici pubblici, in modo che tutte le valutazioni dell’EFSA possano essere verificate.
Ad accendere i riflettori sull’erbicida più venduto al mondo è stata la valutazione di cancerogenicità espressa lo scorso anno dalla IARC (International Agency for Research on Cancer), organo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ritenuto la massima autorità in campo oncologico.
Ma ll’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, in contrasto con il parere della IARC, ha valutato la sostanza probabile non cancerogena per l’uomo, basandosi proprio su studi mai pubblicati e forniti dalle stesse imprese chimiche che producono il glifosato, in contrasto con le più elementari garanzie di indipendenza e in evidente conflitto d’interessi.
D’ora in poi le cose saranno diverse, grazie a questa sentenza.
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