Ha soli 7 anni ma ha già le idee molto chiare, ovvero salvare i delfini dalla mattanza che ogni anno, li vede crudelmente protagonisti durante la caccia di Taiji in Giappone, quella che ormai viene considerata la Baia della morte.
Ha soli 7 anni ma ha già le idee molto chiare, ovvero salvare i delfini dalla mattanza che ogni anno, li vede crudelmente protagonisti durante la caccia di Taiji in Giappone, quella che ormai viene considerata la Baia della morte.
Imogen è la più giovane dei volontari del Dolphin Project, un team internazionale che si batte da sempre per evitare lo sterminio di oltre un migliaio di delfini che ogni anno, vengono brutalmente spinti nella baia per essere macellati.
La caccia ha inizio ogni primo settembre, i mammiferi che riescono a sopravvivere non sono destinati a un futuro migliore di quelli che non ce la fanno. Per loro infatti, iniziano anni di agonia nei parchi marini.
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Per questo motivo, Imogen ha deciso di scrivere una lettera destinata al sindaco di Taiji per chiedergli di fermare questa mattanza. Dopo aver già ottenuto un giorno di tregua dall’inizio della caccia, la bambina assieme alla madre Vicki Kiely e un’altra volontaria del progetto, hanno fatto un lungo viaggio per recarsi –con poche aspettative di essere accolti e ascoltati- nell’ufficio del sindaco. .
In realtà, in pochissimo tempo, il sindaco Kazutaka Sangen era lì davanti a loro.
“È stato molto disponibile, quello che doveva essere un incontro di cinque minuti è stato invece un dialogo di oltre venti. Il sindaco ha letto la lettera grazie all’aiuto di un traduttore, soffermandosi sulle parole di Imogen su quanto fosse sbagliato uccidere i delfini”, ha detto Vicki Kiely.
Imogen aveva già preparato, assieme alla sua classe, anche un piano B.
“Ho detto al sindaco che si potevano fare i soldi anche senza uccidere i delfini, ovvero i cacciatori potevano acquistare delle barche e portare i turisti in giro per vedere da lontano i mammiferi, facendogli pagare un biglietto, ma senza far male a nessuno”, ha spiegato Imogen.
Questa è stata la risposta del sindaco, Kazutaka Sangen di Taiji nella Prefettura di Wakayama, dopo aver ascoltato la bambina.
“Non è nella mia facoltà la possibilità di fermare la caccia perché il governo giapponese ha dato i permessi, quindi i pescatori non stanno infrangendo la legge. Questo è il loro lavoro e un mezzo per guadagnarsi da vivere. Tutto quello che posso fare è fare in modo che essi non infrangano la legge uccidendo o catturando delfini in via d’estinzione o che sono a rischio di sopravvivenza. Solo allora potrò punire chi non rispetta le regole”.
“Subito dopo queste parole, il sindaco ci ha mostrato il piano amministrativo per salvare le popolazioni dei delfini rari e minacciati. Secondo il documento essi quando vengono erroneamente catturati, sono poi rimessi in libertà”, ha aggiunto Vicki Kiely.
Un dialogo che anche se non ha ottenuto gli effetti sperati, è servito anche per avvicinare due popolazioni e discutere seriamente di questa inutile mattanza. Anche Imogen con i suoi sette anni è rimasta soddisfatta dell’incontro.
“Il sindaco mi ha regalato una borsa con un delfino e una balena, sono molto felice che mi abbia ascoltato”.
La mattanza dei delfini a Taiji
Intanto però qualcosa si è mossa anche in altri fronti. L’Agenzia giapponese per la pesca ha autorizzato i pescatori di uccidere o catturare quasi 16mila cetacei, un numero altissimo di certo ma inferiore rispetto agli ultimi due anni (23mila).
Quasi duemila di questi potrebbero essere uccisi nella Baia della morte, il resto con arpioni a mano su tutta la costa del Giappone.
Cosa possiamo fare noi
Sul del Dolphin Project ci sono alcuni suggerimenti su come contribuire, nel nostro piccolo, al cambiamento.
1) Non comprare più biglietti per gli spettacoli dei delfini
2) Firmare la petizione per fermare la violenza sui delfini
3) Guardare il documentario The Cove o Blackfish per comprendere a pieno il problema
4) Supportare il progetto per salvare i delfini attraverso una donazione
Dominella Trunfio