Il fotografo Asghar Khamseh, iraniano, con la sua serie “Fire of Hatred” (fuoco dell’odio) ha ripreso i volti delle vittime sfigurate dall'acido.
La violenza, l’odio, una ostentata onnipotenza: tutto riversato sui volti e sui corpi di chi poi tutta quella forza per reagire non ce l’aveva. Sono i corpi bruciati dall’acido soprattutto di donne e di bambini iraniani, ritratti dal fotografo Asghar Khamseh, anche lui iraniano, che con la sua serie “Fire of Hatred” (fuoco dell’odio) si è meritato il titolo di miglior fotografo dell’anno ai Sony World Photography Awards e il premio più prestigioso, l’Iris d’Or.
Le sue sono immagini forti che descrivono tutta la drammaticità degli attacchi sui volti delle vittime. “L’azione violenta del lancio dell’acido si concentra principalmente sulle donne e sui bambini – dichiara Khamseh. L’intenzione è di sfigurare, mutilare e distruggere la vita sociale e il futuro della vittima. Le motivazioni sono la miseria culturale e l’intolleranza. Si verificano in conflitti familiari, proposte di matrimonio rifiutate, vendetta e richieste di divorzio. Oltre ai danni psicologici e fisici, le vittime devono affrontare lo stigma sociale, la vergogna e l’etichetta di persona sgradita socialmente”.
Una pratica di inaudita violenza, un odio che non può non lasciare segni permanenti sul corpo e nella psiche. Khamseh ha voluto consentire alle vittime, attraverso le sue foto, di riaffermare la propria presenza, la propria identità, senza un briciolo di vergogna.
Germana Carillo
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