No oil: fermiamo le trivelle, tutti al referendum. Lo hanno scritto sulla spiaggia di Barletta in 300 metri quadrati più di 100 attivisti di Greenpeace Puglia per lanciare la campagna referendaria contro le trivelle.
No oil: fermiamo le trivelle, tutti al referendum. Lo hanno scritto sulla spiaggia di Barletta in 300 metri quadrati più di 100 attivisti di Greenpeace Puglia per lanciare la campagna referendaria contro le trivelle.
Saranno, infatti, i cittadini a decidere se le trivelle dovranno ancora perforare i nostri mari, a caccia delle ultime gocce di petrolio. La Corte Costituzionale ha confermato nel gennaio scorso, l’ammissibilità del quesito promosso dalla Cassazione.
Il 17 aprile dunque, si deciderà se svendere i nostri mari o tutelare il paesaggio preferendo energie pulite e rinnovabili. Lo scorso autunno erano state proprio 10 regioni italiane a depositare sei proposte di referendum per bloccare i tentativi di aumentare la produzione offshore di idrocarburi.
Per dire no alle trivelle, votiamo sì. È un’occasione per dare una scossa positiva all’Italia, per sottrarla alla grave mancanza di visione di questo governo. Sotto i nostri fondali c’è una quantitativo di petrolio che, se potessimo estrarlo in un colpo solo, corrisponderebbe a meno di due mesi dei consumi dell’Italia. Andrebbe poco meglio col gas: circa sei mesi. Vale la pena deturpare i nostri mari per così poche risorse, che non sarebbero neppure dell’Italia ma delle compagnie petrolifere? dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace in un comunicato stampa.
Secondo Greenpeace il piano energetico del governo, con cui si vorrebbe estrarre fino all’ultima goccia degli idrocarburi presenti sotto i fondali italiani, non allevierebbe minimamente la dipendenza energetica italiana, non porterebbe benefici alle casse pubbliche, non creerebbe nuova occupazione in misura minimamente apprezzabile.
L’associazione ambientalista denuncia poi il fatto che da parte del governo siano stati comunicati al Paese dei numeri falsati sia sul potenziale fossile, che sulle ricadute economiche. Tutti i provvedimenti presi contro le energie rinnovabili avrebbero poi creato decine di migliaia di disoccupati. E sulle conseguenze dei danni che le trivelle potrebbero arrecare al turismo e alla pesca? Nessuna valutazione ufficiale pubblica è stata mai resa nota, chiosa Greenpeace.
Il governo – si legge ancora nel comunicato stampa – fissando la data per il voto al 17 aprile, ha voluto dimezzare i tempi della campagna referendaria, ostacolando il diritto all’informazione degli italiani per scongiurare il quorum e sprecando tra i 350 e i 400 milioni di euro pubblici per il mancato Election Day con le amministrative. Greenpeace invita tutti gli italiani a respingere le trivelle e a chiedere al governo un futuro diverso. Per dire NO alle trivelle si vota SI.
Dominella Trunfio
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