Apple, Samsung e Sony accusate di avere fornitori che sfruttano il lavoro minorile nelle miniere del Congo. La denuncia giunge da un nuovo rapporto pubblicato da Amnesty International secondo cui le batterie degli smartphone potrebbero essere prodotte con il contributo di bambini di età inferiore ai dieci anni.
Apple, Samsung e Sony accusate di avere fornitori che sfruttano il lavoro minorile nelle miniere del Congo. La denuncia giunge da un nuovo rapporto pubblicato da Amnesty International secondo cui le batterie degli smartphone e di altri dispositivi potrebbero essere prodotte con il contributo di bambini di età inferiore ai dieci anni.
Dalle miniere in Congo si estraggono alcuni materiali necessari per la produzione delle componenti elettroniche per telefonini, computer e altri gadget tecnologici, che vengono realizzati utilizzando, tra gli altri, cobalto, oro, tantalio e tungsteno.
Tra le aziende che sono riuscite ad eliminare lo sfruttamento dalle loro catene di fornitura grazie al controllo delle attività di estrazione mineraria e alla scelta di miniere prive di sfruttamento troviamo Intel. Dunque intervenire da questo punto di vista è possibile.
Per altre multinazionali invece pare che ci sia ancora molta strada da fare. Secondo il rapporto di Amnesty International, il cobalto estratto dalle miniere del Congo per produrre le batterie dei dispositivi Apple, Samsung e Sony è legato allo sfruttamento del lavoro minorile.
Come spiega la BBC, la Repubblica Democratica del Congo produce il 50% del cobalto utilizzato nel mondo. I minatori che lavorano in queste zone devono affrontare gravi problemi di salute e il rischio di incidenti mortali.
Amnesty International ha raccolto le testimonianze di alcuni bambini che lavorano nelle miniere del Congo, come Paul, un orfano di 14 anni che ha iniziato a fare il minatore quando ne aveva soltanto 12. Di solito i bambini non entrano nei cunicoli delle miniere ma rimangono in superficie a svolgere vari lavori pesanti.
Secondo l’Unicef, sono almeno 40 mila i bambini che vengono sfruttati nelle miniere del Congo. Apple ha risposto alle accuse di Amnesty sostenendo che nella propria catena produttiva il lavoro minorile non è tollerato e di essere fiera di aver innalzato i livelli di controllo. Eppure i bambini continuano ad essere sfruttati. Si tratta dunque di un fenomeno molto vasto, difficile da tenere sotto controllo.
Apple sarebbe però già attiva, almeno a parole, per risolvere il problema del lavoro minorile e per quanto riguarda il cobalto ed altre risorse minerarie ha affermato di essersi messa al lavoro per identificare i rischi ambientali e gli abusi.
Samsung ha sottolineato la propria politica di tolleranza zero verso il lavoro minorile e afferma di condurre controlli regolari della propria catena produttiva. Anche Sony dichiara di essere al lavoro per affrontare le tematiche legate ai diritti umani e alle condizioni di lavoro nei siti di produzione.
Amnesty International dal proprio punto di vista parla di un vero e proprio paradosso. Ha contattato molte aziende per chiarire la situazione e la maggior parte ha negato di essere coinvolta nello sfruttamento del lavoro minorile.
Nel mondo benestante milioni di persone godono dei benefici delle nuove tecnologie ma raramente si chiedono come vengano realizzati smartphone, tablet e altri dispositivi. La questione dello sfruttamento del lavoro minorile e dei ‘conflict minerals’ è dunque ancora aperta e ancora molte aziende miliardarie dichiarano di non essere in grado di controllare da dove provengano le materie prime utilizzate per la produzione.
Consulta qui il rapporto di Amnesty sullo sfruttamento minorile nelle miniere del Congo.
Marta Albè
Fonte foto: Amnesty International
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