Trivellazioni nell’Adriatico, le compagnie petrolifere si tirano indietro e rinunciano a 7 concessioni su 10. Lo scorso marzo il Governo croato aveva avviato le consultazioni con l’Italia sulle trivellazioni offshore nell’Adriatico per discutere delle conseguenze che le attività petrolifere potrebbero avere sul nostro Paese.
Trivellazioni nell’Adriatico, le compagnie petrolifere si tirano indietro e rinunciano a 7 concessioni su 10 in Croazia. Lo scorso marzo il Governo croato aveva avviato le consultazioni con l’Italia sulle trivellazioni offshore nell’Adriatico per discutere delle conseguenze che le attività petrolifere potrebbero avere sul nostro Paese.
Lo scorso giugno Greenpeace ha organizzato un blitz a Zagabria con una protesta degli attivisti che hanno fatto sentire la loro voce durante una conferenza sul futuro energetico della Croazia. L’associazione ambientalista ha sottolineato che tra Italia e Croazia è in atto una gara alla devastazione del mare, alla quale dovremmo opporci con tutte le nostre forze.
Le proteste sono proseguite e forse ora stanno dando i loro frutti. Ora infatti due compagnie petrolifere a cui erano state assegnate 7 delle 10 aree di ricerca idrocarburi in Croazia hanno rinunciato alle concessioni. Si tratta dell’austriaca OMV e della statunitense Marathon Oil. La rinuncia è arrivata a pochi giorni dalla firma del contratto con il governo croato. Le altre tre licenze sono state concesse alla società pubblica croata Ina, all’ungherese Mol e al consorzio tra l’italiana Eni e l’inglese Medoilgas (già attiva in Basilicata).
Il clamoroso abbandono è stato reso noto dal ministro dell’Economia croato, che proprio l’anno scorso aveva avviato la corsa alle trivellazioni sul versante orientale del Mare Adriatico.
Per quale motivo le aziende hanno rinunciato alle concessioni? La motivazione ufficiale è che non è stata ancora risolta la disputa sui confini marittimi tra Croazia e Montenegro. Secondo Greenpeace, però, le motivazioni della rinuncia sono ben altre:
“Con il prezzo del petrolio in discesa e una rivolta contro le trivelle che ormai comprende non solo Croazia e Italia ma anche comunità e cittadini dei Paesi vicini (Austria, Slovenia, Ungheria e Slovacchia), evidentemente i petrolieri non se la sentono più di rischiare per due gocce di greggio” – ha commentato Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
È bene che se ne renda conto anche il Governo italiano, promuovendo una moratoria immediata delle trivellazioni nei nostri mari. Greenpeace e altre associazioni (Federazione Pro natura, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano, WWF) hanno inviato una nota ai presidenti delle Regioni, indirizzata in particolare ai governatori di Abbruzzo, Basilicata, Calabria, Marche, Molise e Puglia che oggi pomeriggio si incontreranno al Ministero dello Sviluppo Economico con il sottosegretario Simona Vicari per chiedere di sostenere una moratoria alle trivellazioni.
Ecco le 3 motivazioni a sostegno della moratoria, secondo Greenpeace:
1) Ricerche petrolifere offshore
Le Regioni oggi non hanno praticamente voce in capitolo sulle autorizzazioni delle ricerche petrolifere offshore, mentre secondo giurisprudenza su questi temi si impone una forte intesa bilaterale tra lo Stato e la Regione interessata.
2) Valutazione ambientale strategica
In Italia, a differenza della Croazia, non è mai stata fatta una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) sulle ricerche offshore di idrocarburi, che dovrebbe definire anche in quali aree sensibili queste ricerche non possano essere eseguite. Per esempio, una VAS ben fatta dovrebbe impedire che si richiedano autorizzazioni per attività con airgun (sistemi di analisi geofisica che producono esplosioni devastanti) in aree note per la riproduzione di specie ittiche di importanza commerciale.
3) Direttiva offshore dell’Unione Europea
La proposta di recepimento della Direttiva offshore dell’Unione Europea (dir. 30/2013) avanzata dal Governo italiano è irricevibile. Anzitutto perché intende affidare a organismi ministeriali quella che, secondo la stessa direttiva, deve essere invece una “agenzia di controllo indipendente” sulle attività petrolifere. Inoltre, continua a tollerare che in Italia la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) per le trivelle consideri solo rischi secondari (come lo sversamento in mare di qualche metro cubo di idrocarburi) senza affrontare l’analisi dei rischi per gli incidenti rilevanti, come l’esplosione nel 2010 della Deepwater Horizon in Louisiana (l’evento che aveva spinto alla scrittura della direttiva).
Per sostenere l’impegno anti-trivelle delle Regioni, oggi pomeriggio (29 luglio) dalle 15.00 alle 17.00, Greenpeace e le altre associazioni ambientaliste parteciperanno a un presidio davanti al Ministero dello Sviluppo Economico. L’Italia e la Croazia continueranno a supportare le trivellazioni nell’Adriatico o faranno scelte differenti per difendere l’ambiente?
Marta Albè
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