Le miniere di fosfato di Nauru, nell'Oceano Pacifico, sono un lampante esempio di quanto l'uomo abbia saputo devastare l'ambiente, anche a discapito della sua stessa salute
Nauru è la più piccola repubblica del mondo: un territorio grande circa sette volte il Central Park di New York, pari a circa 21km quadrati, che forma praticamente un pallino nel bel mezzo dell’Oceano Pacifico, appena a sud dell’Equatore.
Qui resiste una piccola area di vegetazione attorno a Buada Lagoon e una zona verde piccolissima attorno alla costa, dove vive la maggior parte della popolazione. Il resto è tutto miniera di fosfato all’aperto o terra desolata sfruttata dalle escavazioni. Ed è per questo che oggi l’isola è un deserto arido con pinnacoli calcarei frastagliati che coprono l’80% di tutto il territorio.
Quello che poteva essere un paradiso tropicale, infatti, è oggi un susseguirsi di buchi e miniere circondate dal mare.
Fu nel 1899 che una compagnia di ricerca inglese scoprì che l’isola di Nauru era costituita da fosfato solido, un prodotto prezioso che era stato già ampiamente sfruttato in Europa. L’estrazione mineraria e dopo tristissime e difficili vicissitudini di guerre e colonizzazioni e molti governi succedutisi, Nauru è stata sfruttata fino all’osso.
L’AMBIENTE
I proventi delle attività minerarie hanno sì sollevato per anni il reddito pro capite di Nauru al livello più alto di cui gode qualsiasi stato sovrano del mondo, ma, mentre l’attività mineraria esplodeva, la terra era sistematicamente distrutta. Per il fatto che le vaste aree boschive sono state distrutte, per esempio, creare miniere a cielo aperto dei fosfati, anche il clima ha subito dei drammatici cambiamenti diventando da clima tipicamente tropicale a zona con un clima con lunghi periodi di siccità.
Il territorio abitabile oggi si è ridotto al 20% del totale, una striscia di terra attorno all’isola non più larga di qualche centinaio di metri. Anche il mare è inquinato per il modo in cui i fosfati venivano caricati sulle navi. La barriera corallina infatti imponeva l’utilizzo di lunghi nastri trasportatori che lasciavano cadere pezzi di fosfato in mare. Ciò ha reso la pesca un’attività decisamente poco remunerativa e non in grado di soddisfare le esigenze di alimentazione della popolazione.
LA SALUTE
La terra e l’economia non sono state le uniche cose che hanno subito una autentica devastazione. I nauruani sono tra le persone più malate e obese nel mondo, con tanto di diabete e pressione alta e pochi abitanti che vivono oltre i 60 anni.
Se, infatti, prima dell’indipendenza c’era stata una cultura della pesca e del giardinaggio che portò la popolazione a mangiare per lo più pesce fresco, frutta e verdura coltivate su terreno, con il reddito facile che veniva dalle miniere di fosfat, la gente ha smesso di sostentarsi della propria agricoltura e ha cominciato a importare cibo in scatola e surgelati. Come risultato, Nauru ha i più alti tassi di obesità e diabete nel mondo. Il 94% dei suoi residenti sono in sovrappeso mentre il 72% è obeso. Più del 40% della popolazione ha il diabete di tipo 2, così come altri significativi problemi alimentari legati come le malattie renali e malattie cardiache.
Insomma, quello che è accaduto in quest’isola è forse solo uno dei tanti esempi dello scempio provocato dall’uomo e di cosa la corsa verso la ricchezza facile può causare. Qui e in troppi altri luoghi il profitto ha avuto la meglio, a discapito di uno straordinario ambiente naturale e della salute dell’uomo.
Troppo tardi per preservare altre stupefacenti zone del Pianeta che Madre Natura ci offre? Voglio sperare di no.
Germana Carillo
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