UberPop contro tassisti, sharing economy contro tradizione. Chi la spunterà? Anche Altroconsumo difende le modalità di trasporto privato e condiviso della società californiana Uber
UberPop contro tassisti, sharing economy contro tradizione. Chi la spunterà? Anche Altroconsumo difende le modalità di trasporto privato e condiviso della società californiana Uber.
Diffuso in alcune città italiane tra cui Genova, Milano, Padova e Torino, il servizio era stato bloccato a fine maggio dal Tribunale di Milano, che aveva accolto le richieste dei tassisti. Questi ultimi infatti consideravano l’app come concorrenza sleale.
Nell’era della sharing economy è ancora così difficile ammettere forme di mobilità alternative a quelle tradizionali? Uno dei più moderni e avanzati servizi di car sharing è stato praticamente boicottato dal mondo dei tassisti. La sua unica colpa? Quella di dare fastidio ai sistemi tradizionali di mobilità.
Ma cose funziona UberPop? Semplicissimo. Tramite a un’app è possibile diventare autisti, anche solo per un giorno, permettendo a chi è in possesso di un’auto di offrire un “passaggio” a pagamento, trovandosi in zona.
Fin qui nulla di strano. A far infuriare i tassisti è stato il fatto che con UberPop i costi e le tariffe sono praticamente dimezzate, senza contare che non serve la licenza né ci sono vincoli di orario.
Da qui lo stop del servizio da parte dei giudici. Ma Altroconsumo non ci sta e difende la sharing economy targata Uber.
“È evidente che il servizio non possa essere considerato un normale servizio di taxi, ma l’offerta è diversa, non direttamente sovrapponibile a quella esistente: di fatto, a prezzi competitivi, UberPop raccoglie bacini di utenza differenti e dunque impedirne l’esercizio è contrario agli interessi dei consumatori, nonché allo sviluppo efficiente e innovativo del mercato” ha detto Paolo Martinello, presidente della Fondazione Altroconsumo.
Il problema sollevato riguarda soprattutto la rapidità – e il relativo vuoto normativo – con cui si è imposto questo nuovo scenario della mobilità nelle grandi città. Secondo Martinello
“la concorrenza di UberPop va regolamentata e l’azienda dovrebbe alzare molto il livello di controllo sul servizio. Ma serve una nuova legislazione perché ad oggi c’è il rischio che i giudici prendano decisioni di questo tipo sulla base della regolamentazione che esiste al momento”.
Due cose del tutto diverse visto che a differenza dei taxi, Uberpop è un servizio non sempre garantito, che richiede comunque spirito di adattamento, ma ha il vantaggio di costare circa la metà. Si tratta di un modo diverso di muoversi in città, come il car sharing.
“Il fenomeno dispiega importanti effetti sulla configurazione della offerta di servizi di autotrasporto di persone non di linea; in particolare, gli STM consentono di intercettare una domanda di servizi di norma meno costosi di quelli offerti da taxi e NCC e resi disponibili con diverse modalità di erogazione. Ciò configura la creazione di un nuovo e specifico segmento del mercato della mobilità urbana non di linea rispetto a quello sottoposto a obblighi di servizio pubblico. In una prospettiva di policy ad ampio spettro, quindi, esso si concilia con lo sviluppo di sistemi di mobilità sostenibile “comodale” e “technology-based” e con il perseguimento di effetti indiretti di deflazione della circolazione e riduzione dell’inquinamento. La sua diffusione impone di riconsiderare l’adeguatezza degli istituti e delle categorie giuridiche sulle quali si è fondata sinora la regolazione della materia” ha detto invece l’Autorità di regolazione dei trasporti che ha inviato al Governo e al Parlamento un atto di segnalazione sull’autotrasporto di persone non di linea.
Come andrà a finire?
Francesca Mancuso
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