Alberta è una delle circa 3.000 bertucce presenti in Europa. Animali selvatici in via d'estinzione, trasformati in "animali da compagnia", a causa di un collezionismo dilagante quanto deleterio, in Italia vietato per legge. Ed è stata fortunata
Alberta è una delle circa 3.000 bertucce presenti in Europa. Animali selvatici in via d’estinzione, trasformati in “animali da compagnia”, a causa di un collezionismo dilagante quanto deleterio, in Italia vietato per legge. Ed è stata fortunata.
Sequestrata dai Carabinieri nel marzo del 2014, ad un privato che la deteneva illegalmente in provincia di Napoli, come fosse un animale domestico, venne temporaneamente affidata allo Zoo di Napoli, a causa della carenza in Italia di strutture specializzate nella detenzione e nel recupero di questi animali esotici.
Ma ora la sua nuova casa, individuata dalla LAV grazie ad un network di collaborazioni internazionali, è il Centro di recupero per primati “Primadomus”, in Spagna, una struttura di eccellenza gestita dalla Fondazione Internazionale AAP, che da oltre 40 anni si occupa del recupero di animali esotici, oltre che di prevenirne e contrastarne il traffico illegale. Qui seguirà un percorso di riabilitazione per vivere in stato semi naturale con i suoi simili.
Il suo emozionante viaggio da Napoli a Roma e poi in aereo verso la Spagna è raccontato in un video, presentato in anteprima in occasione dell’inaugurazione della mostra di Simone Sbaraglia “Immagini dal pianeta Terra“, presso l’U.R.P. del Corpo Forestale dello Stato, a Roma.
Grazie all’intervento congiunto di LAV, Corpo Forestale dello Stato e AAP, Alberta potrà finalmente tornare ad “essere una scimmia”: infatti, gli animali selvatici detenuti in condizioni incompatibili con le necessità etologiche della loro specie, fortemente condizionati dall’essere stati trattati per anni come animali domestici, necessitano di un processo di recupero, spesso lungo e delicato, per poter essere reintrodotti in habitat naturali, in libertà protetta, e riabilitati alla socialità.
Nonostante nell’Unione Europea, la commercializzazione di questa specie sia vietata dall’anno 2000, il traffico non si arresta, al contrario, negli ultimi anni sta assumendo dimensioni preoccupanti: i dati relativi al periodo 2001-2010, infatti, mostrano che il macaco berbero è stato l’animale CITES più commercializzato illegalmente nell’Unione Europea, oltre che l’animale maggiormente confiscato nei Paesi dell’Unione.
Si tratta di una piaga resa ancora più grave dalla carenza di strutture adeguate per ospitare questi animali, che conduce spesso a ritardare il loro sequestro da parte delle forze di polizia o, in casi estremi, a mantenerli sotto sequestro perfino presso chi li deteneva illegalmente.
“Per fermare questo inaccettabile commercio, è indispensabile che l’Unione Europea assicuri l’applicazione della legge, con il rafforzamento dei controlli alle frontiere e nei maggiori punti di snodo del traffico internazionale. Un obiettivo che potrà essere raggiunto solo se in tutti i Paesi dell’Unione il traffico illegale di specie protette verrà riconosciuto come un crimine specifico, da perseguire con sanzioni proporzionate e dissuasive – commenta la LAV – ciò è particolarmente necessario in Italia, il principale punto di ingresso del traffico di macachi in Europa, dopo la Spagna”.
Roberta Ragni
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