Una innovativa barriera di contenimento per gli sversamenti di petrolio. L'hanno messa a punto cinque studenti della Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino e potrebbe essere molto ultile per contenere il danno facilmente
Una innovativa barriera di contenimento per gli sversamenti di petrolio. L’hanno messa a punto cinque studenti della Scuola di Dottorato del Politecnico di Torino e potrebbe essere molto ultile per contenere il danno facilmente.
Il progetto si chiama PIER – Petroleum Innovative Enviromental Remediation e si è appena classificato al secondo posto nella competizione internazionale promossa dall’Agenzia Spaziale Europea “ESA’s S2UN Challenge”, che sfida tra studenti di università europee con l’obiettivo di elaborare progetti di sviluppo e trasferimento tecnologico basati su tecnologie scelte fra quelle brevettate dall’Agenzia.
Quando vengono riversate in mare sostanze inquinanti si verifica in breve tempo un danno ambientale considerevole e spesso difficilmente rimediabile. Per questo i ragazzi del team PIER hanno proposto un business plan che sviluppa un progetto dedicato al contenimento ed al recupero di petrolio a seguito di sversamenti accidentali in mare.
Utilizzando il brevetto ESA “A deployable tensegrity structure, especially for space application”, i cinque studenti hanno riconsiderato l’applicazione di una struttura dispiegabile rigida, che non utilizza giunti meccanici (impiegata attualmente in campo aerospaziale come antenna), in maniera tale da utilizzarla come anello di contenimento da caricare a bordo delle navi per limitare l’espansione in mare di un eventuale sversamento di petrolio.
Il sistema è in grado di passare dalla stato “chiuso” a quello “aperto” e attivo in meno di trenta minuti, aumentando il suo volume di oltre 12 volte. Questa caratteristica lo rende particolarmente interessante per le navi da commercio adibite al trasporto di liquidi inquinanti, poiché ridurrebbe il tempo di intervento nel contenimento dello sversamento, azzerandone quasi completamente il forte impatto ambientale.
Roberta Ragni
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