Due comunità tibetane che vivono grazie alla raccolta del fungo Yarsagumba, viagra Himalayano, hanno ideato un sistema per garantire un raccolto sostenibile ed equo per tutti anno dopo anno.
Sulle alture della catena montuosa più elevata al mondo cresce un fungo molto noto e ricercato per le sue proprietà conosciuto con il nome di Viagra dell’Himalaya. Due comunità locali che vivono grazie a questa preziosa risorsa hanno ideato un sistema per garantire un raccolto sostenibile ed equo per tutti anno dopo anno.
Lo Yarsagumba è conosciuto anche come “erba d’estate, verme d’inverno”. In effetti ciò che si raccoglie e si utilizza è il risultato dell’attacco di un fungo parassita ad una larva di falena tibetana che prima di essere pronta a volare, in determinati periodi dell’anno, vive sotto terra.
Il Viagra Himalayano è particolarmente apprezzato in Cina perché considerato un potente afrodisiaco ma anche un rimedio naturale contro il cancro. È evidente che, vista la grande richiesta anche da altre parti del mondo, questo fungo è una fonte di reddito certa per la popolazione locale ed è estremamente importante che rimanga gestita dalle comunità della zona in modo tale che esse stesse possano garantire il loro sostentamento senza alcun tipo di sfruttamento da parte di persone esterne (come putroppo spesso avviene in queste situazioni).
Le piccole comunità rurali di Nubri e Tsum, che vivono al confine tra Nepal e Tibet, sono state ignorate per tantissimo tempo tanto che nella zona scarseggiano e sono molto lontane scuole e strutture mediche. Ecco allora che poter gestire una risorsa che fornisce reddito gli permette non solo di sopravvivere ma anche di migliorare il loro tenore di vita, iniziare nuove attività, potenziare l’istruzione scolastica per i bambini, ecc.
Ma come concretamente si sono organizzate le due comunità locali al fine di proteggere il raccolto annuale? Innanzitutto gli abitanti a turno verificano 4 volte al giorno (alle 7:00, 10:00, 2:00 e 6:00) durante il periodo di raccolta che nessuna persona si aggiri furtivamente per rubare parte del raccolto di funghi.
Altre norme includono la limitazione su chi può raccogliere il fungo (solo le famiglie locali), la registrazione e le tasse per le macchine utili alla raccolta, il divieto di raccolta sui versanti delle montagne considerate sacre e sanzioni per chi viene trovato a raccogliere i funghi al di fuori della stagione.
Una ricerca della Washington University di St Louis ha analizzato il piano di gestione unico ideato dalle due comunità per conservare la risorsa naturale valutandolo in maniera molto positiva. Come si legge: “C’è questa idea sbagliata che i popoli indigeni non siano in grado di risolvere problemi complessi per conto proprio, ma queste comunità mostrano che le persone possono essere incredibilmente piene di risorse quando è necessario preservare i loro mezzi di sussistenza. (…) Anche se molti osservatori hanno chiesto l’intervento del governo nella raccolta e la vendita del Yarsagumba, la nostra ricerca dimostra che, almeno in alcune comunità, è meglio consentire che i locali gestiscano la risorsa e ottengano benefici alle loro condizioni“. QUI tutti i dettagli.
Francesca Biagioli
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