In Sudan l’ospedale pediatrico più sostenibile del mondo. E parla italiano

Porta la firma italiana l'ospedale pediatrico più attento all'ambiente. Siamo in Sudan, precisamente nella periferia della città portuale di Port Sudan. Fino all'inizio del secolo abitata da circa 30mila persone, oggi ne ospita invece 500mila pur non essendo pronta a sostenere un tale aumento di popolazione in meno di 100 anni. Non a caso il Paediatric Centre di Port Sudan è stato premiato nell'ambito dello Zumtobel Award

Porta la firma italiana l’ospedale pediatrico più attento all’ambiente. Siamo in Sudan, precisamente nella periferia della città portuale di Port Sudan. Fino all’inizio del secolo abitata da circa 30mila persone, oggi ne ospita invece 500mila pur non essendo pronta a sostenere un tale aumento di popolazione in meno di 100 anni. Non a caso il Paediatric Centre di Port Sudan è stato premiato nell’ambito dello Zumtobel Award.

Secondo la giuria si tratta di “un’opera d’eccezione, che intreccia gli standard estetici più elevati con l’utilizzo di soluzioni innovative e più efficienti per l’utilizzo delle risorse, la maggiore attenzione ambientale e la creazione di condizioni di vita migliori”. In un contesto dalle condizioni climatiche e sociali estreme, il team italiano di architetti di Tamassociati è riuscito a tirar fuori una costruzione – una delle poche strutture ospedaliere del paese – in grado di fornire assistenza di base ai bambini.

L’ospedale pediatrico di Port Sudan copre una superficie totale di 780 mq e ospita 14 posti letto di degenza, 4 posti letto in isolamento, 3 ambulatori, farmacia e servizi diagnostici. È strutturato su un susseguirsi di corti.

Quasi a mostrare l’importanza data alla componente “ambiente”, all’ingresso della clinica è stato posto un albero nella zona d’attesa. All’interno sono state utilizzate soluzioni per il controllo dell’irraggiamento diretto del sole basate sulla limitazione delle finestre esposte e attraverso la schermatura realizzata con pannelli in fibra naturale. Sulla facciata principale sono inoltre presenti frangisole di legno che proteggono dalla luce diretta del sole, regalando ombra e ventilazione.

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In Sudan, infatti, gli edifici devono fare i conti con le alte temperature, ridotte naturalmente all’interno del nosocomio. Poche finestre non significa scarsa illuminazione, garantita dai camini di luce zenitale che fungono anche da evacuatori del calore latente delle aree comuni.

Non solo un’ospedale. Gli architetti hanno cercato di pensarlo anche come area di ritrovo: la “piazza/giardino” posta sul lato d’ingresso dell’edificio ospita infatti attività per gli adulti e il parco pubblico sul lato est è composto da un giardino per il gioco e da un piccolo campo per l’attività sportiva: “Lo potremmo definire un giardino pediatrico, dove il verde, irrigato dal sistema di depurazione delle acque reflue, rappresenta il vero catalizzatore sociale di tutta l’area ma anche una sorta di elemento di cura in sé,” spiegano.

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Grande attenzione anche nella scelta dei materiali e nel recupero della tradizione. È stato infatti usato laterizio prodotto nelle fornaci locali, utilizzando il sistema costruttivo a muri cavi ventilati e solai a voltine noto come jagharsch. Usata anche la pietra di corallo, un materiale di cui si trovano cumuli abbandonati in tutta l’area di Port Sudan, derivanti dalle demolizioni di vecchi edifici.

Tutta la costruzione è stata realizzata come involucropassivo, facendo uso di sistemi cavi di ventilazione dei muri e dei tetti e creando una sorta di “pelle” di protezione che limita l’irraggiamento diretto del sole.

Un centro di grande rilievo considerando che è uno dei pochi dell’area, pensato per curare i bambini meno fortunati ma strizzando l’occhio all’ambiente.

Francesca Mancuso

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