Una pedalata in solitario, 1200 Km in bici per i "Fantasmi di Portopalo", per chiedere alle Istituzioni europee il recupero del relitto F-174, affondata a Natale del 1996, in cui ancora oggi sono intrappolati. E' la nuova sfida di Gaia Ferrara, 33 anni, cagliaritana di nascita ma romana di adozione, ciclista per passione e anche per devozione, con alle spalle sei esperienze di pellegrinaggi sulle due ruote.
Una pedalata in solitario, 1200 Km in bici per i “Fantasmi di Portopalo”, per chiedere alle Istituzioni europee il recupero del relitto F-174, affondata a Natale del 1996, in cui ancora oggi sono intrappolati. È la nuova sfida di Gaia Ferrara, 33 anni, cagliaritana di nascita ma romana di adozione, ciclista per passione e anche per devozione, con alle spalle sei esperienze di pellegrinaggi sulle due ruote.
L’idea della giovane sportiva è quella di percorrere in bicicletta 1.200 km con partenza il 2 agosto da San Severo in Puglia e arrivo a Portopalo il 23 agosto dopo un giro in 23 tappe lungo le coste italiane, dalla Puglia, alla Basilicata, alla Calabria, fino all’estrema punta sudorientale della Sicilia a Portopalo. 23 tappe con iniziative e raccolta di firme lungo un percorso nei luoghi simbolo degli sbarchi dei gommoni e dei barconi che si sono avvicendati sin dagli anni ’90, dove si trovano centri di accoglienza ancora attivi o chiusi, comunità di immigrati, testimoni diretti dei flussi di migranti e rifugiati.
Il progetto “Rambling for migrants“, promosso dall’associazione “Viandando” in collaborazione con “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, ha come primi firmatari Giovanni Maria Bellu, Luigi Ciotti, Carlo Lucarelli, Dario FO, Christopher Hein, Piero Soldini, Carlotta Sami, Filippo Miraglia, Don Marcello Cozzi e Don Pino de Masi.
LA STORIA DEL NAUFRAGIO – Si tratta di uno dei più gravi naufragi nel Mar Mediterraneo dal secondo dopoguerra a oggi (rimasto tale sino alla Tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013. Avvenne nella notte tra il 24 e il 25 dicembre ed è per questo conosciuta anche con il nome di Strage di Natale, oltre che come Tragedia di Portopalo, perché avvenuto a poche miglia dalla località siciliana di Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa.
La nave trasportava clandestini provenienti principalmente da India, Pakistan e Sri Lanka. Furono imbarcati su un battello maltese di nome F174, in pessimo stato, in legno e con i sistemi di sicurezza fuori uso e uno squarcio sulla prua apertosi dopo un urto con un’altra imbarcazione. Poiché il naufragio non ha quasi lasciato tracce concrete, la autorità inizialmente non presero per vere le parole dei superstiti.
La vicenda è stata appurata anche grazie all’inchiesta del giornalista Giovanni Maria Bellu, che nel 2001 mostrò al mondo le immagini degli scheletri delle vittime. Nonostante il processo e le condanne di alcuni dei colpevoli, nessuna iniziativa fu mai intrapresa per il recupero del relitto e del suo carico.
“Ci sono 300 corpi, 283 per l’esattezza,- ha commentato Gaia Ferrara- che giacciono da 17 anni in fondo al mare senza vita, e senza sepoltura, nelle acque del Canale di Sicilia a largo di Portopalo. Vittime di una tragedia del mare che si è consumata la notte di Natale del 1996. Erano migranti asiatici, provenienti dal Pakistan, dallo Sri Lanka e dall’India in cerca di un futuro migliore, che volevano approdare sulle nostre coste ma non ce l’hanno fatta, ieri come oggi. Di loro, non resta che un vago ricordo di alcuni e l’indifferenza di molti. Ma c’è chi non si rassegna e dopo aver appreso della loro sorte, solo di recente, in occasione della strage di Lampedusa del 3 ottobre scorso, in cui sono deceduti 366 immigrati, ha deciso di fare qualcosa per non lasciarli lì a imperitura memoria. Fare qualcosa per dar loro una sepoltura e un volto”.
Per seguire il viaggio, le tappe, le iniziative e firmare a petizione online clicca qui
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