Dal mais contaminato proveniente dall'Ucraina al Parmigiano Reggiano fatto con latte tossico: i casi di mala gestione del comparto alimentare
Un camion carico carico di… mais contaminato. Accade qui, in Italia, dove dall’Ucraina è arrivata una partita di mais infestato di diossine. Il Ministero della Salute ha preso provvedimenti, ma bastano?
Destinato ad allevamenti animali, il mais è stato analizzato su campioni prelevati il 15 maggio e solo dopo un mese è scattata l’allerta. Era l’11 giugno, infatti, quando – secondo il Ministero – sono state attivate tutte le procedure per rintracciare e bloccare il lotto contaminato e inviata una comunicazione al Sistema di allerta rapido europeo Rasff.
Il lotto di mais contaminato è arrivato anche in Grecia e in Montenegro. I valori rilevati oscillano da 2,92 a 3,19 picogrammi di equivalente tossico (TEQ toxicity equivalence). Questo tipo di mais in genere è mischiato per la produzione dei mangimi ad altri componenti in una percentuale variabile, a seconda della specie animale cui è destinato.
Un altro provvedimento deciso dal Ministero è stato il blocco cautelativo di quegli alimenti provenienti da animali che hanno consumato mangime contenente mais ucraino. Purtroppo, il Ministero non fornisce elementi più precisi né quantifica l’entità della contaminazione. Vero è che attraverso la tracciabilità del mais si potrebbe ideare una mappa del cibo contaminato in commercio è ritirarlo, ma davvero ci sono ancora troppi lati oscuri a proposito. Quello che andrebbe fatto è tirare le fila di tutta la filiera di distribuzione per individuare dove è finita la partita di mais, magari anche fare un’analisi del rischio per valutare se e quanto la diossina ingerita dagli animali ha contaminato il cibo, anche se non è detto che si siano superati i livelli di soglia stabiliti dall’UE. In ogni caso, finora il Ministero della salute non ha diffuso altri comunicati.
PARMIGIANO – Una recente inchiesta avviata dalla Procura di Parma ha evidenziato la presenza di latte contaminato da aflatossina M1 (i livelli di aflatossina riscontrati erano addirittura il doppio rispetto a quelli consentiti, con gravi rischi per la salute umana), che i caseifici usano per produrre parmigiano. I NAS di Parma hanno così posto sotto sequestro 2.440 forme di Parmigiano Reggiano prodotte con latte tossico e risultano indagate anche 63 persone, mentre altre quattro sarebbero già finite in manette, perché falsificavano le analisi aggirando i controlli della ASL. La micotossina, rinvenuta nelle forme di formaggio, proveniva da mais contaminato (forse a causa delle alte temperature e della siccità, elementi che favoriscono la proliferazione delle tossine) con cui sarebbero stati alimentati i bovini da latte in diversi allevamenti.
Il Ministero della Salute Beatrice Lorenzin ha precisato che gran parte della produzione di Parmigiano Reggiano è risultata sicura e ha superato i controlli. Le forme contaminate effettivamente sono appena lo 0,07% su un totale di 3 milioni prodotte ogni anno, come fa notare la Coldiretti. Ma basta questo per stare tranquilli?
Germana Carillo