I vegetariani moderni potrebbero avere parecchio in comune con gli antichi Egizi, molto più di quanto si possa immaginare. Già, perché gli archeologi e gli esperti pensano che seguissero una dieta composta in gran parte di verdure, frutta, frumento e orzo.
I vegetariani moderni potrebbero avere parecchio in comune con gli antichi Egizi, molto più di quanto si possa immaginare. Già, perché gli archeologi e gli esperti pensano che seguissero una dieta composta in gran parte di verdure, frutta, frumento e orzo.
Un’ipotesi che è stata presa in considerazione da anni un po’ per tutte le antiche popolazioni stanziali. Ma che ora è stata confermata con l’analisi del carbonio, facendo scoprire quello che gli antichi egizi mangiavano davvero.
Il merito è di un team di ricercatori che, studiando 45 mummie vissute in Egitto tra il 3500 aC e il 600 DC, ha potuto stabilire che seguivano un’alimentazione fatta di moltissimo orzo e frumento, come evidenziato anche dalle scene di agricoltura dipinte sulle pareti delle loro tombe.
E il pesce? Poco, pochissimo. Quasi assente. Questo dato ha sorpreso gli studiosi, convinti che proprio il pesce potesse essere un alimento fondamentale per un popolo che viveva lungo il Nilo, come proverebbero anche numerose testimonianze culturali, dai rilievi murali ai resti archeologici di lance e reti, passando per offerte commerciali con pesce da siti come Gaza e Amama, come spiega Kate Spence, un archeologo e specialista in Egitto presso l’Università di Cambridge.
È sorprendente, quindi, che le analisi del carbonio suggeriscano che il pesce non sia stato ampiamente consumato. In realtà, però, alcuni testi hanno indicato che alcune specie di pesci non venissero mangiate per motivi religiosi.
“Abbiamo avuto un approccio che era un po’ diverso dal solito”, ha spiegato Alexandra Touzeau, che ha guidato il gruppo di ricerca dell’Università di Lione. “Abbiamo lavorato molto con ossa e denti, mentre la maggior parte dei ricercatori aveva fino a oggi studiato capelli, collagene e proteine. Abbiamo anche lavorato su periodi differenti”.
I ricercatori hanno pubblicato i loro risultati sul Journal of Archaeological Science
Roberta Ragni
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