L’eruzione di un vulcano si può prevedere studiando il magma?

Prevedere l'eruzione di un vulcano guardando al suo interno. È l'intuizione di alcuni studiosi americani secondo cui la densità del magma contenuto nel cuore di un vulcano è il principale indicatore da prendere in considerazione per prevedere un'eruzione.

Prevedere l’eruzione di un vulcano guardando al suo interno. È l’intuizione di alcuni studiosi americani secondo cui la densità del magma contenuto nel cuore di un vulcano è il principale indicatore da prendere in considerazione per prevedere un’eruzione.

I risultati, pubblicati su Nature, provengono da uno studio dettagliato dei ricercatori americani Kari Cooper, dell’Università della California a Davis, e Adam Kent, dell’Università dell’Oregon effettuato sul Monte Hood, un vulcano attivo che si trova nell’Oregon, e sulle sue enormi masse di magma che, ad altissime temperature, diventano in gran parte liquide e quindi in grado di muoversi molto facilmente.

In particolare, i ricercatori hanno preso in esame le due differenti eruzioni di 220 anni fa e di circa 1.500 anni fa e i cristalli che si sono formati nel tempo nella camera magmatica e che ora sono in grado di fornire una cronologia e una storia della temperatura. Il magma, infatti, modifica di continuo le sue caratteristiche chimiche e fisiche poiché si raffredda e cristallizza, dal momento che scambia calore con le rocce più fredde.

Analizzando i materiali prodotti dalle ultime due eruzioni del vulcano, gli studiosi hanno scoperto che per la maggior parte del tempo in cui è immagazzinato nel vulcano, il magma presenta uno stato molto denso e viscoso. Questo tipo di condizione persiste per decine di migliaia di anni, ma in un periodo brevissimo può modificarsi. L’afflusso di nuovo magma può infatti innalzare la temperatura del magma già presente nella camera magmatica facendolo diventare meno viscoso, quindi più mobile e a rischio di eruzione. Proprio questa condizione, molto rara e della durata di soli due mesi, è ideale perché il vulcano si risvegli e cominci ad eruttare.

“La nostra aspettativa è che ci siano molti vulcani che si comportano in questo modo”, dichiara Kari Cooper, geochimico.

Secondo un’analisi dei cristalli, il serbatoio di magma freddo del Mount Hood si trova a circa 4-5 chilometri sotto la superficie e la sua temperatura è di solito 750 gradi Centigradi. Cooper e Adam Kent, coatore della ricerca, pensano che il magma immagazzinato sotto il Monte Hood si sposti rapidamente dal freddo al caldo. “Possiamo vedere la reazione di tracce chimiche di nuovo magma e calcolare il tempo di eruzione in giorni o settimane o forse mesi”, ha concluso Cooper.

Davvero si prevede così una eruzione? Gli autori della ricerca per ora ci vanno cauti, ma il loro intento è quello di raccogliere dati ulteriori con ricerche analoghe su altri vulcani. Anche perché non esisterebbero ancora, di fatto, tecniche in grado di riconoscere le trasformazioni che avvengono nella camera magmatica.

Germana Carillo

Foto: Mount Hood, credit Erik Klemetti

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