Il CNR prevede un’estate calda e secca dopo la troppa pioggia di questi mesi

Cambiamenti climatici: le piogge intense e il clima mite di quest'inverno porteranno un'estate particolarmente calda e asciutta

Il clima globale cambierà. Nulla di nuovo se continuiamo con quest’andazzo. Ma mettetevi l’anima in pace: i prossimi mesi estivi saranno ancora più caldi e più asciutti della media. A suggerirlo agli esperti sono le piogge che in questi giorni si sono abbattute su gran parte dell’Italia e le temperature più alte della media, che stanno mutando anche le dinamiche marine con devastanti ripercussioni sul clima della prossima bella stagione.

In pratica, quello che è appena stato un inverno mite e eccezionalmente piovoso, soprattutto nel Nord-Est della Penisola, ha portato a dei cambiamenti non da poco nella circolazione del Nord Adriatico. È quanto emerge dalle ultime rilevazioni effettuate nell’Adriatico settentrionale dagli scienziati del Cnr, durante la campagna oceanografica Carpet(Characterizing Adriatic Region Preconditioing EvenTs) che si è appena conclusa.

ACQUE DENSE – La missione si è svolta a bordo della nave oceanografica Urania e si è concentrata sulle cosiddette “acque dense” che si formano nel Nord Adriatico in inverno. Le “acque dense” sono dei flussi diacqua più pesanti a causa del freddo e dell’alto livello di salinità. Per questo motivo, sprofondano verso il basso e, grazie all’ossigeno che sono in grado di apportare, fanno sì che i fondali si rinnovino. Su questo stesso fenomeno – la cosiddetta “circolazione termoalina“, guidata cioè dalle differenze di salinità e di temperatura – si basa anche la circolazione oceanica mondiale.

Ma cosa avviene se, come quest’anno, c’è un clima invernale anomalo? “Durante l’inverno 2013-14 questo evento è stato contrastato da temperature miti e apporti fluviali eccezionali”, spiega in un comunicato Sandro Carniel, responsabile scientifico di Carpet – A crociera conclusa, i dati parlano di una temperatura dell’acqua sul fondo di circa 2° C superiore alla media degli ultimi 30 anni. Questo ha rallentato di molto il ‘rinnovamento’ delle acque, che nel solo gennaio-febbraio 2012, complice un inverno estremamente freddo, aveva invece interessato circa il 60% del volume, stabilendo un record assoluto di densità da quando sono iniziate le misure in Adriatico settentrionale (ovvero circa un secolo). A distanza di soli due anni siamo, per così dire, agli antipodi”.

In pratica, le temperature miti di questi mesi invernali e le abbondanti precipitazioni che hanno interessato il bacino Adriatico e il Po hanno generato enormi masse di acqua poco densa, che non riusciranno a raggiungere i fondali del sud Adriatico e dello Ionio.

“È lecito quindi attendersi conseguenze significative sulla circolazione delle acque del bacino (e anche del Mediterraneo Orientale), sul clima della terraferma e un abbassamento dei livelli di ossigeno sul fondo marino già in primavera, a seguito della crescita fitoplanctonica stimolata dai rilevanti apporti fluviali in corso”, prosegue Carniel.

nave-urania

La nave oceanografica Urania

LE CONSEGUENZE – Si suppone che la prima conseguenza dei cambiamenti del clima dell’Adriatico sia un aumento delle temperature medie estive e a un’ulteriore diminuzione delle precipitazioni. E non solo: anche gli ecosistemi marini saranno interessati dalla scarsa produzione di acque dense.

Secondo i ricercatori dell’Ismar, il mancato mescolamento delle acque porterà meno ossigeno verso il fondo, mentre il maggior apporto di nutrienti che proverranno dai fiumi in piena favorirà la proliferazione di alghe microscopiche che, se decomposte, abbasseranno ancora di più i valori di ossigeno, causando la possibile morte di pesci e molluschi. “Le acque adriatiche influenzano la circolazione del Mediterraneo, che a sua volta è importante per i processi di formazione di acque dense al largo della Groenlandia e delle coste norvegesi. Sono aree chiave per il trasferimento del calore in tutto il pianeta attraverso la corrente termoalina globale”, conclude Carniel.

Un disastro, se si pensa che, dopo il riscaldamento globale del pianeta, “rischieremo di dover fronteggiare un periodo molto freddo, quasi polare”.

GLI STRUMENTI – Gli oceanografi e gli ingegneri della campagna Carpet, guidata da Alvise Benetazzo dell’Ismar-Cnr, hanno eseguito tutte le misure tramite metodologie di avanguardia, utilizzando per la prima volta a livello nazionale, un sofisticato “siluro”, il Remus 100 (Hydroid-Kongsberg), che cattura le informazioni sulle caratteristiche fisiche della colonna d’acqua, in particolare sull’evoluzione della distribuzione delle acque dolci legate all’apporto fluviale del periodo e agli effetti dell’interazione tra onde e correnti sul fondale.

Germana Carillo

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