Firenze: nuovo incendio in una fabbrica lager cinese

Stanotte è scoppiato un incendio, pare doloso, in una fabbrica cinese di Sesto Fiorentino

Sesto Fiorentino, via de’ Cattani località Osmannoro: un capannone di una fabbrica cinese ha preso fuoco stanotte alle 3. Dal ritrovamento di alcuni contenitori di alcol etilico si è aperta la pista dolosa e con essa un nuovo avvilente quadro sulla illegalità di molte delle attività commerciali e produttive dirette proprio dai cinesi.

Un regolamento di conti all’interno della comunità di immigrati? Molto probabile. Sta di fatto che questo incendio segue quello avvenuto nel dicembre scorso a Prato e riapre dunque molti interrogativi sulle modalità di svolgimento di molte faide tra cinesi.

L’incendio – L’allarme è scattato intorno alle 3 della scorsa notte, grazie ad una guardia giurata, e sul posto sono intervenute le squadre dei vigili del fuoco di Firenze, Prato e Pistoia. Tuttora le fiamme sono ancora molto alte e la coltre di fumo tossico è talmente fitta da rendere difficile l’intervento dei soccorritori. Si tratta di un’azienda produttrice di valige, ospitata in un immobile di due piani a Osmannoro, quartiere periferico nei pressi dell’aeroporto e tra i primi ad essere preso d’assalto dai flussi d’immigrazione cinese e dalle fabbriche. Si pensa che l’incendio non si sia sviluppato per caso, ma per mano di qualcuno. Il ritrovamento di più contenitori con dentro alcol etilico fa infatti pensare al dolo.

Lavoro irresponsabile – Pare che il capannone che ha preso fuoco poche ore fa sia occupato da parecchie persone, ma al momento dell’arrivo dei vigili del fuoco non c’era nessuno (qualcuno, però, è stato visto fuggire via). Stabilimenti come questo sono spuntati come funghi, prima ancora che a Prato, a Brozzi, a San Donnino (Campi Bisenzio) e poi qui a Osmannoro.

Purtroppo rimane ancora tristemente sottaciuta l’esistenza di troppe “fabbriche-lager” e di una illegalità che si diffonde sempre di più. Bassi salari, titolari fantasma, condizioni di lavoro pessime e spesso negli stessi luoghi in cui si dorme, ritmi serrati con quasi 20 ore di lavoro al giorno e repressione di qualsiasi forma di diritto sono ancora all’ordine del giorno. E nessuno, pare, vuole saperne nulla.

Germana Carillo

Foto: Ansa

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