Galline ovaiole: il falso mito del benessere negli allevamenti biologici (FOTO)

Quali sono le reali condizioni di vita degli animali all'interno degli allevamenti biologici? Ancora una volta le associazioni animaliste smontano con immagini reali il mito di queste strutture erroneamente considerate come rispettosa del benessere, in quanto 'bio'.

Quali sono le reali condizioni di vita degli animali all’interno degli allevamenti biologici? Ancora una volta le associazioni animaliste smontano con immagini reali il mito di queste strutture erroneamente considerate come rispettosa del benessere, in quanto ‘bio’.

Dopo l’investigazione di Essere Animali che documentava il grande bluff degli allevamenti all’aperto e biologici, da Animal Equality arriva una nuova testimonianza sulle condizioni di vita delle galline all’interno dei capanni in una struttura certificata ‘biologica’ e sostenuta dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale secondo le direttive del Reg. (CE) n. 1698/2005; un’ulteriore evidenza dell’errore che si commette se si reputa questa tipologia d’allevamento come etica e rispettosa.

Durante l’operazione, che ha portato al salvataggio di 10 galline ovaiole, è stato documentato che all’interno di ogni capanno diviso in 3/4 micro-settori, le galline venivano ammassate in spazio ristretti. Durante il giorno potevano accedere a un’area di ‘sgambamento’ chiusa, che non lasciava quindi alcuna possibilità di interagire con l’esterno. Gli animali risultavano anemici, feriti, privati di ogni assistenza veterinaria. Alcuni erano lasciati morti, in decomposizione, a contatto con tutti gli altri. A completare il quadro da film horror, feci e urine ovunque, con il rischio di infezione e contaminazione delle uova.

Il processo di raccolta, poi, era completamente meccanizzato; i nidi artificiali e i macchinari aumentavano le difficoltà di movimento all’interno dei capanni. La distribuzione automatizzata dell’acqua, realizzata per mezzo di cavi elettrici scoperti, provocava numerose scosse che gli animali sono costretti a subire dato lo scarso spazio a disposizione. Tutti questi fattori, uniti alle innaturali condizioni di vita, alla noia, al mancato espletamento delle più elementari necessità etologiche, erano ovviamente fonte di enorme stress per gli animali. E non si tratta di un caso isolato.

Nel nostro paese le galline ovaiole allevate ogni anno sono 40 milioni. È nostro compito mostrare alle persone questa realtà, proponendo delle alternative concrete che non comportino l’utilizzo di prodotti animali. Al contempo, è nostro dovere offrire a questi individui un’opportunità come è accaduto per queste 10 galline, simbolo di quello che accade a tantissime loro simili e speranza per tutti gli animali che sognano la libertà“, ricorda la portavoce dell’associazione Fabrizia Angelini.

Conclusione? L’industria delle uova è una realtà orribile, piena di violenza e sofferenza, anche quando si nasconde dietro all’aggettivo “biologico”. Iniziamo a fare i conti con le nostre coscienze.

Roberta Ragni

Photo credit Animal Equality

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