Come stanno le coste italiane? In affanno. Negli ultimi 28 anni, dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, sono stati divorati dal cemento ben 160 chilometri di litorali. È il drammatico bilancio emerso dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che ha analizzato regione per regione il consumo delle aree costiere
Come stanno le coste italiane? In affanno. Negli ultimi 28 anni, dal 1985 ad oggi, malgrado i vincoli della Legge Galasso, sono stati divorati dal cemento ben 160 chilometri di litorali. È il drammatico bilancio emerso dal dossier di Legambiente “Salviamo le coste italiane”, che ha analizzato regione per regione il consumo delle aree costiere.
Un dato su tutti: su 1.800 km di coste analizzate in 8 regioni italiane tra Adriatico e Tirreno, oltre il 55% sono state trasformate dall’urbanizzazione. Attraverso un lavoro di analisi e confronto delle foto satellitari, l’associazione ha fatto il punto della situazione, scoprendo che tra le 8 regioni analizzate, ossia Abruzzo, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Molise, Sicilia e Veneto, il record negativo va all’Abruzzo e al Lazio con il 63% di coste trasformate. Qui si salva solo un terzo dei paesaggi mentre tutto il resto è occupato da palazzi, ville, alberghi e porti.
Non va bene neanche in Emilia-Romagna (58,1%), in Sicilia (57,7%) e nelle Marche (54,4%), seguite da Campania (50,3%), Molise (48,6%) e Veneto (36%). In quest’ultimo caso, l’urbanizzazione ha avuto come freno il delta del Po e il sistema lagunare.
Nel complesso, è la costa Tirrenica ad avere i dati più allarmanti, con quasi 120 km tra il 1988 ed 2011di costa con paesaggi naturali e agricoli cancellati nelle regioni analizzate, con un aumento del 10,3% di consumo delle aree costiere.
Un po’ di numeri. Abruzzo e Lazio hanno conquistato la maglia nera con oltre il 63% di coste trasformate. In particolare in Abruzzo sono ben 91 i km di costa irreversibilmente modificati rispetto ad un totale di 143 km. Tra le infrastrutture, nate o ampliatesi negli anni scorsi, spiccano i porti di Pescara, Giulianova, Ortona e Vasto. Ma qui l’aspetto più impressionante è che il paesaggio costiero “ancora” libero sia protetto solo parzialmente.
Anche le coste del Lazio soffrono. Qui su un totale di 329 km, 208 km risultano essere trasformati ad usi urbani e infrastrutturali. Senza contare che l’urbanizzazione realizzata successivamente all’entrata in vigore della Legge Galasso ha portato alla cancellazione di ben 41 km di costa.
Passando alle altre regioni, in Emilia Romagna il 58,1% delle coste sono state trasformare e 140km totali di costa ben 82 km sono stati urbanizzati sui 141 totali. In particolare da Cesena a Cattolica, tra il 1988 ed il 2011, si è registrato un aumento di costruzioni anche alle spalle della linea costiera. Male anche in Sicilia, nelle Marche e in Campania, dove sono stati mangiati rispettivamente il 57,7%, il 54,4% e il 50,3% di coste totali. In particolare in Sicilia emblematico è il caso del tratto tra Fiume Grande e Capo, nei pressi di Cefalù, in precedenza caratterizzato da aree verdi.
Infine, il Veneto ha il 36% di coste mangiate dal cemento, un dato molto più basso rispetto alle altre regioni grazie alla laguna veneta e al delta del Po che hanno limitato l’espansione del cemento.
“La fotografia scattata da Legambiente evidenza un quadro preoccupante, una deriva pericolosa che non trova, al momento, ostacoli efficaci né nella legislazione né nelle volontà politiche degli amministratori locali – ha detto il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – I risultati che emergono dal dossier evidenziano non solo come continui la pressione delle speculazioni in tanti luoghi di straordinaria bellezza, ma che esiste un grave problema di tutela che riguarda vincoli, piani e sistemi di controllo. La preoccupazione aumenta se si pensa poi alla crescente esposizione al rischio idrogeologico che questa situazione fa emergere e se si considera che l’esplosione dell’occupazione delle coste con il cemento in molte parti d’Italia avviene in assoluto rispetto della legalità.”
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Francesca Mancuso
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