L’arte, nel corso dei secoli, è stata testimone dei cambiamenti avvenuti nella storia dell’umanità. Negli ultimi cento anni, a seguito della rivoluzione industriale, l’arte ha iniziato a rivolgersi a materiali che precedentemente non potevano rientrare all’interno di essa, semplicemente poiché inesistenti.
Buste di plastica. Odiate, bandite e…in mostra. L’arte, nel corso dei secoli, è stata testimone dei cambiamenti avvenuti nella storia dell’umanità. Negli ultimi cento anni, a seguito della rivoluzione industriale, l’arte ha iniziato a rivolgersi a materiali che precedentemente non potevano rientrare all’interno di essa, semplicemente poiché inesistenti.
Nel giro di pochi secoli, gli artisti hanno attraversato una transizione che li ha portati dal dipingere immensi affreschi impiegando pigmenti di origine naturale al ricorrere a materiali di recupero e soluzioni sintetiche per la creazione di opere d’arte. È il caso, ad esempio, delle buste di plastica, uno dei simboli maggiori della cultura dell’usa-e-getta e del consumismo senza regole.
La quantità di buste di plastica impiegate nel mondo negli ultimi decenni è probabilmente incalcolabile e non è dato sapere con precisione quante di esse l’artista africano Pascale Marthine Tayou abbia utilizzato nella realizzazione di una delle proprie installazioni. Si tratta di un alveare sospeso dell’altezza di 10 metri costituito da buste di plastica dei dai colori più svariati.
L’imponente opera è attualmente ospitata a Roma presso il Museo di Arte Contemporanea Macro ed è parte di una grande mostra che porta il titolo di “Secret Garden” e che sarà aperta al pubblico fino a 1° aprile 2013.
L’opera dell’artista si intitola semplicemente “Plastic Bags” e rappresenta una delle tappe della sua ricerca personale relativamente alla società moderna. La monumentale installazione si trova in mostra presso la hall del museo romano già da marzo 2012. Avete già avuto occasione di ammirarla?
Marta Albè