Naufragio Costa Concordia. Oggi, a quasi un anno dal disastro dell'Isola del Giglio, poco è stato fatto per tutelare il mare e i suoi abitanti da simili sciagure. Nella seduta odierna, intanto, il Consiglio dei ministri ha prorogato di un anno, fino al 31 dicembre 2013, lo stato di emergenza, che sarebbe scaduto alla fine di questo mese
Naufragio Costa Concordia. Oggi, a quasi un anno dal disastro dell’Isola del Giglio, poco è stato fatto per tutelare il mare e i suoi abitanti da simili sciagure. Nella seduta odierna, intanto, il Consiglio dei ministri ha prorogato di un anno, fino al 31 dicembre 2013, lo stato di emergenza, che sarebbe scaduto alla fine di questo mese.
365 dopo l’incidente cosa è cambiato? Non molto lamentano le associazioni ambientaliste. Altri disastri, anche se meno gravi, si sono verificati nel corso del 2012, come il 1° giugno quando un nave cargo turca, la Mersa2, si è arenata di fronte all’Isola d’Elba. Fino all’ultimo, lo scorso dicembre quando un traghetto della Grimaldi dopo aver attraversato il Santuario dei Cetacei, ha perso al largo di Palermo una decina di tir e semirimorchi a causa del forte vento.
Greenpeace ha subito chiesto chiarimenti sulle conseguenze ambientali al Ministero dell’Ambiente e del Mare, ma dopo oltre un mese l’associazione non ha ricevuto alcuna risposta. E dovrebbe far riflettere che il decreto salva-rotte, che prescrive norme per evitare la dispersione in mare di carichi pericolosi sia nato solo a seguito di un disastro.
“La popolazione del Giglio, e tutti gli amanti di questo splendido mare, attendono la rimozione del relitto, che continua a essere rinviata. Le operazioni di recupero del carburante sono state fortunatamente condotte a termine senza incidenti ma la nave è comunque un contenitore di sostanze pericolose, come rilevato da un nostro rapporto” ha spiegato in un comunicato Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.
Greenpeace, nel corso di un sopralluogo svolto i primi d’agosto, ha inoltre scoperto che lo scafo rilascia in mare, in profondità, un “materiale torbido” nel quale sono state rilevate deboli tracce di contaminazione, in particolare di ritardanti di fiamma.
Anche Legambiente lamenta la lentezza dello stato dei lavori per la rimozione del relitto. Queste le parole del presidente Vittorio Cogliati Dezza: “I continui ritardi e gli slittamenti nei tempi dei lavori di messa in galleggiamento e rimozione della Concordia, necessitano di spiegazioni precise. Le preoccupazioni a riguardo sono purtroppo quelle che da tempo Legambiente sta esprimendo. I rallentamenti dovuti anche alle trivellazioni e alle fessurazioni del granito rendono la tempistica sempre meno chiara. Chiediamo per questo maggiore chiarezza sui problemi riscontrati, sulla situazione che si sta delineando e sulla necessità di approntare da subito un serio piano d’emergenza, soprattutto alla luce dell’ennesimo ritardo annunciato che farà slittare il galleggiamento dopo settembre 2013”.
Oltre ai rischi ambientali, Legambiente ha puntato il dito contro l’aumento dei costi di intervento (oltre il 25%) che supera i 400 milioni di dollari. Continua: “Bisogna anche accelerare i tempi di rimozione del relitto dalle acque dell’Isola del Giglio e ripristinare al più presto l’ecosistema marino. Infatti i continui ritardi non fanno altro che aumentare il rischio di pericolosi sversamenti in mare dell’enorme quantità di sostanze tossiche presenti nella città galleggiante. Lo scafo del relitto continua a deformarsi e periodicamente assistiamo alla fuoriuscita di sostanze inquinanti. Per quanto riguarda lo spostamento della nave è necessario portarla a Piombino, che è il porto più vicino, e non a Palermo o in altre città lontane, così da ridurre al massimo il pericolo di inabissamento”.
Francesca Mancuso
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