Come ogni estate, la prima metà della nostra vacanza avrà come meta la Basilicata, che è la regione del mio fidanzato Giuseppe, per una settimana di relax in famiglia e piccole gite. Un cuore verde incastonato tra i mari del Sud, che continua a rimanere uno dei territori più misteriosi d'Italia; d'altra parte, "Cristo si è fermato ad Eboli", e, secondo noi, non ha fatto un grande affare!
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Come ogni estate, la prima metà della nostra vacanza avrà come meta la Basilicata, che è la regione del mio fidanzato Giuseppe, per una settimana di relax in famiglia e piccole gite. Un cuore verde incastonato tra i mari del Sud, che continua a rimanere uno dei territori più misteriosi d’Italia; d’altra parte, “Cristo si è fermato ad Eboli”, e, secondo noi, non ha fatto un grande affare!
Paesi arroccati sui dirupi, boschi ancora primordiali dove regnano le aquile, grotte e anfratti già amati dagli eremiti bizantini: sono solo alcune delle tante meraviglie di questa terra antica. La stessa Basilicata che in passato non ha beneficiato della ricchezza di uno sviluppo industriale e commerciale che qui non c’è stato, si gioca oggi una carta sempre più ricercata dai turisti: una fedina penale (quasi) pulita in materia di cementificazione e deturpazione del paesaggio, con gran parte della regione ancora intatta.
La settimana che ci apprestiamo a trascorrere in famiglia rappresenta per noi la “vacanza” vera, quella in cui la mente e il corpo si rigenerano e ri-acquistano la carica. Poi, proseguiamo alla scoperta del Gargano e della sua costa con tenda e sacchi a pelo: il mare d’estate è sacro! Come sempre, ci organizziamo per attraversare l’Italia con i mezzi pubblici, sapendo di dover escludere il treno, perché in Basilicata di treni ne arrivano pochi, e quei pochi hanno tratte shizofreniche. Optiamo per una delle tante compagnie di autobus di linea che collegano i maggiori centri del Nord a quelli del Sud: Marozzi effettua corse giornaliere notturne da Torino a Potenza; (corse prenotabili solo online!).
Da Canale d’Alba, il piccolo paese in provincia di Cuneo dove abitiamo, partiamo con 7 bagagli e la tenda da campeggio. Arriviamo a Torino in pullman, spostiamo tutti i bagagli sulla metro e poi ancora su una serie di autobus che ci portano all’autostazione internazionale: che fatica essere green! Ma l’entusiasmo è alle stelle, e la soddisfazione di viaggiare liberi fa il resto. I panorami corrono, tra musica e letture che ci aiutano a capire radici ed attualità del Sud Italia.
Downshifting in famiglia
Fare “downshifting” significa letteralmente “rallentare la marcia“, ed è un’espressione che sentiamo usare sempre più spesso nei racconti delle persone che scelgono la “vita” al posto della carriera. Limitare i consumi, orientarsi verso un‘esistenza più semplice, autoprodurre il più possibile il cibo e gli oggetti di cui abbiamo bisogno. Tornare cioè a prendersi il giusto tempo per le proprie passioni, recuperare abilità artigiane e uscire dal sistema “lavoro-produco-consumo” che ci rende alienati e insofferenti.
Tutto ciò era la normalità nelle economie contadine del passato, dove l’autosussistenza economica e un rapporto armonico con la natura erano l’unico modo di “stare al mondo” che si conosceva. E in gran parte della Basilicata più rurale è ancora così.
A Perolla, frazione di Savoia di Lucania (Pz), i genitori di Giuseppe continuano ad allevare un nugolo di pecore per l’autoconsumo, e nella stalla non mancano i conigli e -fino a pochi anni fa- il maiale. Le galline vivono libere nel prato, con il divieto assoluto di transito solo in alcune aree delimitate: gli orti! I tre orti curati da Carmelina sono dislocati in versanti che prendono il sole da angolazioni diverse, a seconda della maggiore o minore necessità di raggi degli ortaggi. Frutta sempre a disposizione, ma di stagione: molti alberi da frutto solitari maturano le loro delizie e le ricette, in cucina, seguono il ciclo naturale dell’anno. Ad agosto? Scorpacciate di pomodori, melanzane, zucchine e meloni!
Non si comprano alimenti preconfezionati al supermercato, e i pochi scarti di cucina concludono il loro ciclo nelle mangiatoie degli animali, con diete amorevolmente differenziate. E ognuno secondo i propri orari! In questa pseudo-fattoria casalinga, è facile scalare la marcia e aver voglia di vita all’aperto: così appena posso vado a rincantucciarmi con libro e plaid sotto le fronde del mio ciliegio preferito, proprio quello lassù sulla collina dietro casa, che già i vecchi dei vecchi chiamavano collina “Paradiso”.
Non ci avevano mica visto male! Se il troppo ozio intorpidisce, si può sempre andare a raccogliere le more selvatiche che fanno da confine tra i campi, e approfittare per qualche foto panoramica. Qui l’antropizzazione non è esasperata come in certe province del Nord Italia (anzi, il problema è lo spopolamento), e anche visivamente il paesaggio rilassa.
Un lavoro quasi quotidiano a cui da tempo mi propongo di partecipare è la mungitura delle pecore, operazione che va fatta all’alba, prima cioè che il gregge si muova al pascolo. Orari quotidiani per i genitori di Giuseppe, ma che con le nostre vacanze non vanno molto d’accordo! Quindi approfittiamo della necessità di testare la tenda nuova (mai andare in vacanza senza aver fatto prima un montaggio di prova!) per dormire all’aperto sulla collina Paradiso: svegliarsi in natura, con la luce dell’alba, dovrebbe essere meno traumatico! Ma soprattutto, spettacolare è addormentarsi sotto la scia, ben distinguibile, della Via Lattea! L’esperienza del buio assoluto è ormai una rarità, ma non qui, dove l’inquinamento luminoso è molto basso: Castelgrande, paese a circa 40 km da Savoia di Lucania, è stato addirittura selezionato per l’insediamento di un Osservatorio astronomico scientifico, che conduce ricerche e apre al pubblico per visite guidate. Un’esperienza che non ci siamo lasciati sfuggire nella rara notte della “blue moon”, (secondo plenilunio in uno stesso mese: il prossimo sarà nel 2015).
Dopo una nottata con il naso all’insù, ci svegliamo e corriamo alla stalla, dove le pecore non sembrano molto entusiaste della nostra presenza estranea. Belano, scalciano, e tuttavia ci sopportano, anche nei nostri goffi tentativi di mungitura.
Il latte appena munto viene colato per ricavarne la ricotta fresca fatta sul fuoco, che tanto piace agli amici. Lo scambio di favori e di competenze con i vicini di casa (o meglio, i vicini di vallata) è consuetudine: un pecorino in cambio di un orlo ai pantaloni (ben fatto, da sarta!); piantini di ortaggi in cambio dell’utilizzo del frantoio, reciproco aiuto durante i lavori estivi come la preparazione della salsa di pomodoro. In fondo, altro non è che l’antico “baratto” tornato ad essere di moda anche in città. Fattorie casalinghe come questa ce ne sono a bizzeffe, e alcune aprono le porte anche ai turisti. Un esempio la Latteria Salvia Maria di Tito (Pz), o le Fattorie Punzi di Picerno (Pz), con caseificio annesso. Una vacanza nelle campagne di Potenza non può non citare le tante animazioni innovative che propongono identità e storia della Lucania in chiave ludica: su tutti, imperdibile il cinespettacolo della Grancia, nel Parco di Brindisi Montagna. Un grande teatro all’aperto, con oltre 300 figuranti che nelle sere d’estate narrano con musica ed effetti speciali “La storia bandita” del brigantaggio.
Recentissima, al Castello di Lagopesole, la multivisione tridimensionale sull’affascinante figura di Federico II di Svevia, che qui dominò con il suo stuolo di scienziati, astronomi, matematici ed alchimisti.
E poi ancora storie minori, come quella di Giovanni Passannante e dell’origine del nome “Savoia di Lucania”. Storie che però vi lasciamo scoprire… il Gargano ci aspetta e ci arriveremo dopo una moltitudine di curve, passando per San Giovanni Rotondo e la Foresta Umbra.
Camping nel Gargano tra ulivi, fichi e…lumache!
Di solito non ci documentiamo troppo sull’itinerario scelto per la nostra vacanza, ma ci piace lasciare il giusto spazio alla scoperta sul posto e all’avventura. Fondamentale però è scegliere in anticipo un campeggio adatto alle proprie esigenze, sia per evitare sorprese, sia per non perdere prezioso tempo nei giorni di vacanza. No alle piazzole di cemento, agli ammassi di camper e roulottes, alle animazioni da villaggio turistico. Un campeggio nella natura, con piazzole ampie e servizi confortevoli: queste poche ed essenziali caratteristiche le troviamo al Camping Valle d’Oro di San Menaio, frazione di Vico del Gargano.
Ezio, cordiale e disponibilissimo gestore, ci racconta che è uno dei primi camping sorti all’interno del Parco nazionale del Gargano, attivo già dagli anni ’70 (leggi: tanti alberi ormai cresciuti e quindi ombra per le tende!) e recentemente preso in gestione dalla sua famiglia. Ci sistemiamo in una piazzola tra ulivi e alberi di fico che, (sorpresa!), ci regalano ottime colazioni di fichi maturi. I bagni e le docce sono così ben inseriti nel contesto naturale che mentre ci laviamo i denti ci fanno compagnia due lumache in inequivocabile intimità su un lavandino. Non avevamo mai pensato che anche le lumache, con i loro luuuuunghi tempi, si amano! A rendere indimenticabile il campeggio ci si mette poi il ristorantino annesso, dove Nicola, chef ventenne con entusiasmo e grinta da vendere, propone estrosi piatti di pesce fresco e primi della tradizione. In una pausa dal lavoro lo vediamo all’opera nell’antica ricetta del vin cotto, lo sciroppo naturale che ricava da fichi, carrube e fichi d’india raccolti nel campeggio. La frutta, tagliata a pezzi, viene cotta e filtrata in un telo di stoffa che ne raccoglie il liquido dolce. Il vin cotto si prepara ad agosto, ma si conserva per le farciture dei dolci di Natale.
Il campeggio Valle d’Oro non si affaccia sul mare (e per questo ha tranquillità e costi più contenuti), ma è congeniale come oasi verde da cui raggiungere ogni giorno spiagge diverse. Nella nostra ricerca sul web non ci era sfuggito il nuovo e fiammante servizio di bike-sharing del Parco: bici a pedalata assistita, ideali per questi promontori sul mare.
Le postazioni sono distribuite in varie località sulla costa, di cui una vicinissima al campeggio. Una bella pedalata e… via sulle spiagge: che visione idilliaca per le nostre vacanze! L’idea sfuma non appena prendiamo dimestichezza con la geografia del luogo e con la pericolosità dei tornanti, stretti e affollati da auto e camper. Che delusione constatare come non bastino servizi “green” quando non ci sono le infrastrutture necessarie per renderli sicuri e fruibili! In ogni caso la spiaggia più vicina, il lido di San Menaio, è a meno di due km e si può raggiungere anche a piedi. Il suo lungomare è intitolato ad Andrea Pazienza, il famoso disegnatore originario di Vico del Gargano che qui passava le sue estati.
Una spiaggia poco distante, ma fuori dai centri abitati, è Calenella, da non perdere anche per la sua esposizione al sole fino all’imbrunire. Ma la più scenografica e selvatica è Zaiana, una caletta ben pubblicizzata che si raggiunge a piedi lungo una scalinata erta erta a picco sul mare. La spiaggia è per lo più libera, e nella grotta che la ripara c’è una trattoria in cui si mangia scalzi: siamo sulla sabbia! Difficile da credere, ma la baia di Zaiana è gestita da una famiglia di Vienna che già negli anni ’50 si innamorò di queste acque cristalline; la sensibilità ambientale e l’ impegno dei Pelikan hanno aiutato a preservare questo angolo di paradiso dal turismo di massa e dalle sue dissennate regole: recentissima la loro battaglia contro la costruzione di una strada abusiva che avrebbe deturpato la tranquillità del luogo in favore di auto e moto. Posto esclusivo ma alla portata di tutti, la nostra giornata a Zaiana non è però fortunata: un acquazzone improvviso ci costringe a fare armi e bagagli e ripararci in un posto coperto: ecco l’occasione per visitare la splendida Peschici!
Arroccato su una rupe nello “sperone d’Italia”, il borgo di Peschici è inconfondibile per il suo colore bianco che spicca sul blu mare. Lo si scopre perdendosi nel dedalo di vie del centro storico, con negozietti e tante botteghe artigiane di ceramica e legno. Curioso l’incontro con Nicola Piracci, artigiano del legno e suonatore di musica popolare nel gruppo I Suatt, molto fiero della tecnica di lavorazione di vasi in legno di cui è ideatore e che -secondo lui – nessuno è in grado di riprodurre. La sua bottega è in pieno centro (via Ponente 3) e non è raro imbattersi in un concerto improvvisato davanti al negozio. Proseguendo sulla sommità del borgo, da non perdere è poi il Museo della Tortura nel Castello: una macabra collezione di attrezzi provenienti dalle Fiandre che catapultano in un’epoca di pratiche sadiche e barbare; un’immagine che, per fortuna, svanisce in fretta nell’ultima tappa del percorso: il giardino del maniero, da cui si gode di una vista sul dirupo sottostante che apre il cuore; doppia fortuna per noi che assistiamo ad un’inconsueta coppia di arcobaleni dopo la tempesta!
Altra perla del Gargano è Vieste, la cittadina più grande della costa, anch’essa costruita su un promontorio carsico di notevole bellezza. Interessante da visitare per il castello, la Cattedrale romanica di Maria Assunta e la Chiesa di San Francesco quasi sul livello del mare. Vieste è anche l’ideale per il passeggio serale. Oltre ai molti locali e ristorantini che animano il centro storico, alcuni Musei sono aperti fino tardi e possono essere visitati a temperature sostenibili. Il più curioso è certamente il Museo Malacologico, che raccoglie 13.500 conchiglie provenienti da tutto il mondo.
È uno dei più grandi d’Europa, e la sua collezione è esclusivamente il frutto della passione di un unico collezionista. Alcune conchiglie sembrano opere d’arte, ma in questo caso l’unico artista è la natura! Il museo si trova in un edificio che in passato era un antico frantoio, in via Pola 8.
Impossibile andarsene da Vieste senza aver fotografato Pizzomunno, lo scoglio simbolo della città a cui è legata una struggente leggenda che qualche viestano non perderà occasione di raccontarvi. La leggenda dice che due giovani si amassero alla follia. Le sirene abitatrici del mare tentarono più volte di sedurre il giovane alto, bello e robusto, sempre fedele alla sua amata, ma invano. Per gelosia, decisero di far affogare la ragazza, e a quel punto il giovane alto e robusto rimase pietrificato dal dolore, divenendo uno scoglio. Qualunque sia l’origine del simbolo di Vieste, un bagno nelle acque poco profonde che circondano lo scoglio è assolutamente da fare!
La strada che da Vieste porta a Rodi Garganico è una litoranea stretta e piena di tornanti a picco sul mare. Splendidi affacci su una costa punteggiata da torri saracene di avvistamento e trabucchi. Questi sono antichi sistemi di pesca fatti di impalcature in legno, reti ed argano a mano, e servivano a pescare direttamente dai litorali più profondi, senza dover usare la barca. Quando si vedeva il pesce nella rete, non restava che tirarlo su.
Trabucchi e grotte carsiche
I trabucchi sono la vera attrazione del Gargano, e solo in questa zona ve ne sono alcuni ancora funzionanti che si tramandano da diverse generazioni.
Ogni trabucco ha dimensioni e forme variabili, ma come grandi ragni che estendono le loro zampe di legno sul mare, funzionano allo stesso modo. Oggi la pesca è possibile solo in certi periodi dell’anno, poiché la quantità di pesce si è molto ridotta a causa della pesca intensiva che ha svuotato i mari e ridotto la biodiversità. Alcuni trabucchi sono diventati pittoreschi ristoranti con i tavoli sistemati sulla piattaforma a bordo mare: qui si serve il pesce pescato proprio sotto i piedi, e se il mare è un tantino agitato…non c’è da stupirsi di un’ondata un po’ più alta che arriva sul piatto e aggiunge quel pizzico di sale iodato che mancava! La cena sul trabucco è un’esperienza davvero caratteristica, e forse rifunzionalizzare questi manufatti per l’accoglienza turistica ha aiutato a salvare un forte legame con le tecniche e le architetture della pesca del passato. Quale consigliarvi? Ci sono piaciuti così tanto che li abbiamo provati tutti!
Non si può dire di conoscere il Gargano se si rimane ancorati alla terraferma: l’attrazione naturalistica che ha reso celebre la costa e che lascia davvero senza fiato sono le grotte carsiche: concrezioni dalle mille forme che si vedono dal mare. Un’escursione in barca è quindi l’ideale per godere di queste meraviglie regalateci dalla natura in milioni di anni di venti ed erosioni.
Dal porto di Rodi Garganico partono giornalmente escursioni che percorrono la costa fino a Mattinata: una intera giornata negli anfratti più spettacolari, con soste su spiagge raggiungibili solo via mare. Su alcune di esse sembra di essere dei naufraghi! Il rovescio della medaglia è però l’inquinamento delle acque e la troppa “pressione” esercitata dalle grandi barche all’interno delle grotte: per una gita più sostenibile è senz’altro preferibile una pagaiata in canoa o il pedalò da una delle spiagge tra Vieste e Mattinata. Con questi mezzi ecologici e meno impattanti non è possibile visitare tutta la costa in un giorno, ma potrete spingervi negli angoli meno battuti dalle rotte di massa, ritagliandovi un’avventura su misura!
La nostra permanenza nel Gargano si conclude e ci apprestiamo a tornare al nostro “campobase” in Basilicata. Ne approfittiamo per un passaggio a Monte Sant’Angelo, che con i suoi 800 mt sul livello del mare domina il Golfo di Manfredonia. Il paese è noto per l’antichissima abbazia che dal VI secolo è meta di pellegrinaggi sulla rotta della Via Francigena e nel 2011 è diventata patrimonio Unesco. Il Santuario è maestoso, e si erge sulla chiesa-grotta sotterranea dove avvennero le apparizioni dell’arcangelo Michele. () Da visitare è anche la fortezza normanna, dimora di Federico II, e le molte (anche troppe!) botteghe di prodotti tipici che offrono assaggi e stuzzichini a cui non ci si può proprio sottrarre. Liquori a base di erbe, cartellate, ostie ripiene e focacce!
La ciliegina sulla torta che conclude il nostro tour non è però Monte Sant’Angelo, bensì un’abbazia meno conosciuta e situata in una natura lunare – incantevole quanto inospitale – a pochissimi km (ma tante curve!) dal famoso centro religioso. Si tratta dell‘Abbazia di S.Maria di Pulsano, che sorge su un dirupo alle spalle di Manfredonia, in un ambiente roccioso e battuto dai venti.
Fondata nel IV secolo da San Gregorio Magno, l’abbazia ha ospitato per secoli eremiti sia orientali che latini nelle 24 grotte circostanti. Gli eremiti accedevano alle loro celle impervie per mezzo di scale o corde legate a carrucole e i più radicali mangiavano solo erbe selvatiche, capperi e tuberi commestibili. Lasciata in stato di abbandono a partire dal 1800, nel 1997 a Pulsano è tornata la vita monastica, e l’Abbazia è conservata da una comunità che vive nell’eremo e celebra i riti sia latini che bizantini. L’amenità e il fascino rarefatto del luogo suggeriscono ancora oggi un’atmosfera adatta alla contemplazione e all’ascesi.
Nel 2010 è stato eletto “Luogo del cuore” del F.A.I, e non stentiamo a crederlo: anche noi torniamo a casa con un magnifico ricordo nel cuore!
Il racconto fa parte dell’iniziativa “Turisti per scelta…(green)“