Giro della Sardegna settentrionale in canoa

Quest'anno la nostra vacanza "lenta" a impatto zero ha avuto per meta la Sardegna e, per la precisione, la parte nord dell'isola, comprendente la Costa Smeralda e zone limitrofe. Abbiamo deciso di viaggiare in kayak da Olbia a Porto Torres, Maestrale permettendo.

Mi chiamo Laura e da molti anni ho scelto, insieme a mio marito Igor, di fare vacanze all’insegna della lentezza e del minimo impatto sul pianeta ( e sulle nostre finanze). Inizialmente i nostri viaggi sfruttavano il mezzo di locomozione della bicicletta, da qualche anno abbiamo cominciato ad alternare vacanze di terra in bici a viaggi per mare con la canoa intorno a numerose isole del Mediterraneo (vedi Isole selvagge” e “Sardegna selvaggia” di Igor Napoli ed. Magenes).

Quest’anno la nostra vacanza “lenta” a impatto zero ha avuto per meta la Sardegna e, per la precisione, la parte nord dell’isola, comprendente la Costa Smeralda e zone limitrofe. Abbiamo deciso di viaggiare in kayak da Olbia a Porto Torres, Maestrale permettendo.

Ci imbarchiamo sul traghetto della Tirrenia per Olbia da Genova il giorno 8/8 e già l’impresa si fa ardua in quanto il comandante sostiene che le canoe dovrebbero stare sul tetto dell’auto e, solo quando noi ribattiamo che non abbiamo auto si lascia convincere ad imbarcarle nella stiva gratis. Naturalmente il nostro biglietto è Posto Ponte (euro 68 cad. solo andata).

Il mattino seguente ci aspetta un varo schifoso nelle putride acque del porto di Olbia. Impieghiamo 2 ore per uscire dal lungo fiordo del porto. Quasi sulla punta del capo ci fermiamo in una bella spiaggia con scogli di granito e mangiamo pane e tonno (le uniche provviste rimaste dal viaggio in traghetto); il tempo di schiacciare un pisolino e attacca un bel Maestrale sostenuto. Temporeggiamo sotto l’ombrellone di una famiglia toscana e ripartiamo alle 16.30 quando il vento sembra cedere un pochino. Doppiamo il capo in direzione sud e ci fermiamo a S. Paolo, davanti all‘isola di Tavolara. Spesa al supermarket, doccia al tubo per innaffiare di un sardo gentile, riso e zucchine in spiaggia e nanna in tenda vicino alle nostre canoe, sulla spiaggia di sabbia fine con vista sulla schiena di drago dell’isola di Tavolara.

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Al risveglio mi fa male la spalla destra, ieri devo avere forzato un po’ troppo con quel vento. Decidiamo di andare a vedere Capo di coda Cavallo (si trova a sud rispetto all’itinerario previsto ma non abbiamo fretta). Tribolo un po’ per la spalla e perché il mio kayak tende a tirare verso destra costringendomi a fare continui adattamenti per mantenere la canoa in rotta. Il mare è una meraviglia di smeraldo e gli scorci sulla Tavolara sono favolosi. La sera torniamo a S. Paolo, (stesso “Hotel” della sera precedente).

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Ripartiamo alla volta di Capo Figari, questa volta tagliamo il golfo di Olbia non senza un bello spavento dato da due traghetti che decidono di prendere il largo proprio mentre stiamo passando noi e ci costringono ad una veloce ritirata per non essere travolti. Sostiamo a Golfo Aranci e, nel pomeriggio siamo sul Capo, di fronte all’isola di Figarello. Doccia calda e aperitivo con il Cannonau da Antonello detto il custode dell’isola e nanna in tenda sulla spiaggia di fronte all’isola, una caletta molto romantica che ospita anche un gregge di capre..

Il giorno seguente doppiamo Capo figari senza difficoltà e remiamo fino a Porto rotondo. Nel pomeriggio salpiamo per Cala di Volpe e ci fermiamo nella baia di Capriccioli. Il paese dista qualche chilometro e non ci carica nessuno in autostop, quindi decidiamo di cenare in pizzeria dopodiché torniamo alla spiaggia a dormire. Niente doccia stasera, ma ci laviamo nel bagno di una palestra.

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Al mattino c’è già un po’ di vento perciò partiamo lesti e sostiamo a Porto Cervo nella Baia degli innamorati che fa parte di un villaggio turistico. Durante la sosta andiamo a fare la spesa e ci accorgiamo con sollievo che in realtà il posto non è più caro degli altri. Mangiamo pranzo in una bellissima aiuola all’interno di una rotonda, all’ombra di un albero. Ripartiamo ma il vento rinforza parecchio e ci costringe ad una sosta ulteriore prima di Capo di ferro. Nel tardo pomeriggio doppiamo il capo e arriviamo a Baia Sardinia .Lungo la costa si susseguono bellissime ville con prati verdi digradanti sul mare trasparente. Il posto è molto turistico, cuciniamo e dormiamo sulla spiaggia sperando che nessuno venga a disturbarci durante la notte.

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Il giorno dopo costeggiamo fino a Palau, facendoci largo fra yacht grandi come navi e moto d’acqua rumorose,poi, da capo Orso, tagliamo per l’isola di Caprera. A metà del tragitto mi ferma il gommone della Guardia Costiera che mi invita a tornare indietro perché passano troppe barche a motore e, secondo lui, è pericoloso traversare con la canoa. A me piacerebbe chiedergli di scortarmi se lo giudica pericoloso, ma mi limito a dirgli che ormai siamo a metà strada e quindi tanto vale che continui. In effetti da queste parti si aggirano yacht enormi, addirittura con il posto per fare atterrare l’elicottero…. Che spreco di danaro!

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Facciamo il giro di Caprera e ci fermiamo a dormire nella spiaggia più bella del’isola: Cala Napoletana. Il posto è fantastico, due baiette rotonde separate da un istmo di granito incorniciano l’acqua più chiara che abbia mai visto, peccato per la musica disco che arriva dalla Maddalena durante la notte…e per i rifiuti lasciati dietro i cespugli da qualche turista maleducato. In realtà il programma prevedeva di andare a dormire a Maddalena ma quando abbiamo visto Cala Napoletana non abbiamo resistito: abbiamo fatto una colletta di cibo e acqua chiedendo ai gommoni che stavano abbandonando il piccolo golfo sul far della sera e siamo approdati sulla spiaggia di conchiglie della caletta giusto in tempo per goderci il tramonto.

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La mattina presto traversiamo e andiamo alla Maddalena. Vediamo Cala Francese, molto bella, ma decidiamo di andare avanti fino a Tegge, per trovare da mangiare. La luna illumina il granito alle nostre spalle sulla spiaggia di tegge. Per cena volevamo andare al ristorante ma è ferragosto e dobbiamo accontentarci di una pasta surgelata nel chiosco della spiaggia…

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Il vento ci sveglia la mattina e decidiamo di non andare a Spargi, che è disabitata, perché se il maestrale dovesse rinforzare, non avremmo la possibilità di rientrare. Perciò riattraversiamo lo stretto che separa La Maddalena dalla Sardegna e remiamo fino a Porto Pozzo dove sostiamo all’ombra di un bel pino. Ripartiamo dopo un po’ di riposo ma il vento ci costringe a fermarci nuovamente a Valle dell’erica.

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Il mattino seguente il vento c’è ma non è fastidioso, in compenso c’è un po’ di mare mosso ma è abbastanza divertente. Il paesaggio e bellissimo: scogli di granito che affiorano ovunque e che ti costringono ad essere molto attento durante i passaggi. S. Teresa è uno scempio di cemento, il mare in compenso è limpidissimo. Facciamo una sosta a Capo testa in un paesaggio veramente lunare; peccato per l’accampamento di punk –bestia che è veramente sporco, con bottiglie vuote di birra ovunque…Ripartiamo dunque alla volta di S. Reparata dove sostiamo per riposarci prima di ripartire per Rena Maior, dove sostiamo per la notte su una bellissima spiaggia di dune da cui sbocciano splendidi e delicati gigli bianchi.

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Partiamo lentamente al mattino perché abbiamo la corrente contro, dopo un paio d’ore sostiamo in una bella baia con un fitto bosco alle spalle. Ci fermiamo sul capo dopo Vignola in una baia chiamata Portobello dall’omonimo villaggio che vi sorge. Questa sera ceniamo al ristorante e al ritorno ci aspetta l’amara sorpresa dei vigilantes del villaggio che ci dicono che non possiamo dormire sulla spiaggia. Così spostiamo la tenda nella baia a fianco, dopo un’accesa discussione di Igor con uno dei vigilantes.

Il giorno dopo remiamo in una paesaggio pazzesco, con scogli di granito dalle forme molto particolari, fino a Costa Paradiso, un altro villaggio eretto sugli scogli. Un bel sentiero scavato nelle rocce porta fino all’unica spiaggia, alla foce di un fiume. Il posto è magnifico, la notte la baia è stupenda.

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Passata Isula rossa ci fermiamo su uno spiaggione lungo chilometri dove nuotiamo in un banco di acciughe; e dopo la pennica ripartiamo e arriviamo alla foce del Coghinas, un fiume che dovrebbe essere navigabile per circa 18 km. Non dormiamo sulla spiaggia ma nel centro velico, dove facciamo anche la doccia e mangiamo in agriturismo.

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Il tratto dopo Castel Sardo non è molto interessante a parte i bei fondali marini. Oggi remiamo per 38 km. E sono stanchissima. Per fortuna Francesco, un signore sardo malato di morbo di Parkinson, ci invita a cena, così non devo cucinare…..

L’ultimo giorno il paesaggio è abbastanza monotono fino alle scogliere di Porto torres che sembrano quelle di Bonifacio. Riusciamo ad imbarcarci il giorno stesso per Genova.

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In tutto abbiamo percorso circa 350 km in canoa in 14 giorni. Siamo stati molto fortunati perché il maestrale è stato clemente. Ringraziamo dell’ospitalità il popolo sardo e la Madre terra che, nonostante la stupidità umana è ancora così bella.

Laura Ottonelli

Il racconto fa parte dell’iniziativa “Turisti per scelta…(green)

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