Questo è il racconto di uno dei 24 autostop che ho preso nei 9 giorni che ho trascorso in Irlanda, tra fine giugno e inizi di luglio 2012, realizzando così il viaggio che sognavo di fare da qualche anno: in Irlanda, da solo, zaino in spalla, spostandomi con l'autostop, spendendo il minimo possibile, senza nessun programma predefinito, a parte alcuni posti da vedere, ma soprattutto a contatto con la gente, a contatto con gli irlandesi, per conoscere il loro modo di vivere, le loro tradizioni, il loro cibo.
“Sei cattolico o protestante“, mi chiese, mentre procedevamo verso Sligo, con il suo rumorosissimo minibus, ad una velocità che appariva di molto superiore a quella reale. ‘Qui siamo in Irlanda pensai tra me, quindi devo stare attento a cosa rispondere, per non urtare la sua sensibilità religiosa’… e mentre pensavo come rispondere, notavo sul suo cruscotto tutta una serie di immagini sacre, di santini. “Catholic, i’m catholic”, risposi, con il mio solito inglese abbastanza “approssimato”. Lo vidi sorridere con piacere.
Dopo qualche chilometro svoltò allegramente a sinistra verso un piccolo villaggio, dominato da una grande basilica. Passando per la via principale di questo villaggio, che scoprii essere Knock, notai che tutti salutavano con piacere il simpatico autista del minibus che mi aveva gentilmente offerto il passaggio in quel tratto del mio viaggio. Ad un certo punto mi mostrò soddisfatto la grande basilica a destra della strada, spiegandomi che si trattava del santuario eretto in memoria di un’apparizione della Madonna.
Procedendo per la nostra strada chiacchierando del più e del meno, non appena giunti all’uscita che da questo villaggio si immetteva sulla strada N17 verso Sligo, l’allegro autista fermò il suo minibus e mi spiegò quanto potesse essere conveniente per me fare l’autostop in quel punto, dato che parecchi turisti venuti per il santuario che mi aveva mostrato, sarebbero andati nella mia stessa direzione per raggiungere l’aeroporto di Knock o direttamente a Sligo. Ringraziandolo scesi e lo salutai calorosamente, anche se un po’ preoccupato per le nuvole che vedevo addensarsi in cielo. Ricambiò il saluto e con il solito sorriso stampato sul viso fece inversione e ritornò nella direzione dalla quale eravamo venuti. Mi aveva accompagnato appositamente fino a quel punto, non so per quanta strada. Irlandesi.
Questo è il racconto di uno dei 24 autostop che ho preso nei 9 giorni che ho trascorso in Irlanda, tra fine giugno e inizi di luglio 2012, realizzando così il viaggio che sognavo di fare da qualche anno: in Irlanda, da solo, zaino in spalla, spostandomi con l’autostop, spendendo il minimo possibile, senza nessun programma predefinito, a parte alcuni posti da vedere, ma soprattutto a contatto con la gente, a contatto con gli irlandesi, per conoscere il loro modo di vivere, le loro tradizioni, il loro cibo.
Nel momento in cui mi sono trovato a organizzare questo viaggio, lo spirito con il quale ho progettato questa esperienza è stato quello di mescolare libertà, divertimento, avventura e rispetto dell’ambiente di questo meraviglioso angolo di paradiso; per questo motivo ho scelto di spostarmi a piedi o in bici per le brevi distanze e autobus e autobus per gli spostamenti più lunghi. In questo modo, evitando di noleggiare un auto, ho anche evitato di fare il tipico viaggio da turista che, nell’autonomia e nella comodità del suo viaggiare trova quel filtro che lo isola da una conoscenza più profonda del luogo visitato e della gente che vi abita.
Spostarmi a piedi, in bicicletta o autostop ha significato inoltre rendere il mio viaggio slow, dandomi tempo e modo di assaporare la strada, i villaggi, i luoghi e l’aria che si respira nella vita quotidiana irlandese, fuori dai tipici percorsi turistici.
Il lato divertente dello spostarmi in autostop in Irlanda è stato conoscere tanta gente, sia di origini irlandesi che stranieri, raccontare in poco tempo, giusto il tempo di percorrere qualche decina di chilometri insieme, la mia avventura e sentire i loro consigli sui posti da visitare, i cibi da assaggiare o i pub in cui trascorrere la serata.
Nei 9 giorni in Irlanda, ho percorso oltre 1300 km, partendo da Dublino e passando per Cashel, Doolin, l’isola di Inishmore dell’arcipelago delle Aran, Galway, Kilcar nei pressi delle sconvolgenti Slieve Liegue, Donegal, Derry, su fino alle Giant’s Causeway, Belfast e per finire sono ritornato a Dublino, da dove ho preso il volo di ritorno.
Cliffs of Moher
Ognuna di queste tappe è stata un’esperienza indimenticabile, che ha lasciato segni indelebili nella mia mente; come ad esempio le Cliffs of Moher, ad una decina di chilometri da Doolin, che dopo averle sognate per anni, finalmente le ho incontrate nel mio primo giorno sull’isola verde, facendo sosta al centro visite, sulla strada verso Doolin, dove avevo previsto di trascorrere le prime 2 notti, poi diventate 3, attratto dalla selvaggia bellezza del Burren, la regione occidentale della contea di Clare.
Questo primo incontro è stato senza successo, in quanto le ho trovate completamente avvolte nelle spesse e basse nubi dell’oceano. Mi sono comunque rifatto il giorno dopo, 27 giugno, tornando con la bici che avevo noleggiato, dopo aver trascorso la mattina ed il primo pomeriggio sull’isola di Inishmore.
Quest’incantevole isola, parte dell‘arcipelago delle Aran, situata a circa 13 miglia da Doolin nella baia di Galway, è facilmente raggiungibile con dei piccoli traghetti che partono dal porticciolo di Doolin per portare gli innumerevoli turisti su queste isolette spazzate dal vento freddo ed umido proveniente dal cuore dell’Atlantico.
Le scogliere a picco sull’Atlantico
Appena sbarcato, ho noleggiato una bici e sono partito alla scoperta della piccola isola lungo i contorti sentieri che la percorrono da parte a parte, serpeggianti tra fragili muretti a secco.
Le due attrazioni principali sull’isoletta di Inishmore sono il Dún Aengus, un forte in pietra affacciato direttamente sulle altissime e suggestive scogliere della costa sud dell’isola e una piccola baia sulla costa nord orientale, nella quale è possibile vedere foche che si divertono non curanti delle folle di turisti che si affacciano per fotografarle.
Torretta sull’isola di Inishmore
Come ho già detto, avevo preventivato di restare solo 2 giorni a Doolin, per poi procedere verso nord, verso Galway. Ma la bellezza selvaggia del Burren, regione calcarea costellata da innumerevoli forme di erosione carsica e antichissime costruzioni umane, mi ha affascinato tanto da scegliere di restare un giorno in più, noleggiare una bici e andarmene in giro per le strade, i sentieri e i villaggi di questa suggestiva regione.
Tipico paesaggio del Burren
Così, il 28 giugno, partendo la mattina dall’ostello di Doolin, con la mia bici, ho percorso circa 80km, in giro per tutto il Burren, tra violenti acquazzoni e veloci schiarite che lasciavano velocemente il campo a nuove nuvole minacciose.
Per i sentieri sull’isola di Inishmore
È stata un’esperienza indimenticabile, pedalare tra foreste di conifere, piccoli villaggi alternati a grandi e lussuosi alberghi, pub e b&b sperduti tra le campagne, tipici cimiteri semi abbandonati pieni di croci celtiche, resti di costruzioni preistoriche e paesaggi quasi lunari, tipici delle zone fortemente carsiche come ad esempio l’alta murgia pugliese.
Dolmen
Tutto questo ha fatto da sfondo a questa mia lunga pedalata, che mi ha permesso di viaggiare oltre che in questi posti unici nel loro genere, anche dentro me stesso, nelle mie emozioni e nei miei pensieri lasciati liberi di vagare in serena solitudine, accarezzati dal leggero vento carico di umidità oceanica.
Il giorno dopo, il 29 giugno, ho lasciato Doolin, per raggiungere Galway, rigorosamente con l’autostop. Ho così lasciato alle mie spalle i dolci momenti di contemplazione delle bellezze naturali irlandesi in relativa solitudine, per raggiungere una delle città più vive e frizzanti d’Irlanda. Qui ho respirato l’aria di festa e divertimento tipico delle città universitarie, cosa che mi ha riportato di colpo in una realtà alla quale sono più abituato. Qui ho trascorso l’intera serata in giro per pub, chiacchierando con ragazze e ragazzi sia irlandesi che semplici turisti in vacanza in questa divertente città, gustando Guinness e ascoltando musica tradizionale irlandese nei calorosi pub della via centrale del centro storico di Galway o suonata direttamente per strada, da simpaticissimi gruppi di ragazzi.
Il 30 giugno, partendo da Galway, con 9 autostop e percorrendo circa 250km, sono arrivato a Kilcar, un piccolissimo villaggio situato nell’estrema punta sud occidentale della contea di Donegal, a pochi chilometri dalle sconvolgenti Slieve Liegue, Sliabh Liag in gaelico irlandese, scogliere che con i loro 601 metri di altezza sono tra le più alte d’Irlanda e d’Europa.
A Kilcar ho alloggiato presso il Derrylahan Independent Hostel, al quale mi ha accompagnato Sean, un simpatico e gentilissimo signore che mi ha offerto l’ultimo autostop, da Killybegs a Kilcar.
Primo avvicinamento alle Slieve Liegue
Appena arrivato all’ostello, dopo le operazioni di rito, completamente rapito dalla bellezza delle Slieve Liegue che si vedevano dalla finestra della cucina dell’ostello, sono partito senza badare al tempo, alle nuvole ed ai consigli di Sean (anche lui), il titolare dell’ostello.
È stata certamente un’esperienza unica nel suo genere, che seppur non coronata dalla vista delle scogliere, completamente avvolte dalle nubi, è stata di sicuro molto intensa, non solo per l’essere tornato all’ostello completamente bagnato dalla cinta in giù (per fortuna portavo la mia giacca a vento impermeabile).
Il giorno dopo, di buon mattino, per niente scoraggiato dall’esperienza della sera prima anzi, sono ripartito, sempre a piedi, ripercorrendo i 9km circa che separavano l’ostello dal punto panoramico per l’osservazione delle scogliere. Arrivato, le Slieve Liegue sono state capaci di emozionarmi e commuovermi con la loro sconvolgente bellezza, resa ancora più emozionante dalla fatica fatta per raggiungerle, come nessun altro posto in Irlanda.
Dopo aver scattato diverse foto per comporre delle panoramiche capaci di raffigurare le Slieve Liegue in tutta la loro maestosità, accompagnato da pochi turisti e circondato da una moltitudine di pecore brucanti e completamente incuranti degli strapiombi a picco sull’oceano, mi sono inerpicato lungo il sentiero che porta dal punto panoramico raggiungibile anche in auto, fin sulle vette della scogliera. Di qui il panorama era di una bellezza mozzafiato, abbracciando da una parte le verdi colline dell’entroterra punteggiate da piccoli laghetti e solcate da ruscelli, fiumi, sentieri, strade e dall’oceano 600 metri più in basso, dall’altra.
Pecore lungo il sentiero a valle delle Slieve Liegue
Qui, in questo palcoscenico naturale dove terra e mare hanno dato vita ad un paesaggio unico, ho trascorso l’intera mattinata fino alle prime ore del pomeriggio, pranzando con una sola barretta di cioccolato e contemplando il panorama.
Tornato all’ostello, ho preso il mio zaino e sono partito alla volta di Donegal, da dove avevo intenzione, autostop permettendo, di prendere l’autobus per Derry, dove avrei trascorso la notte, per poter visitare il giorno seguente l’ultimo luogo che avevo messo nel mio itinerario, le Giant’s Causeway.
Non so se grazie alla mia fortuna o alla gentilezza degli irlandesi, sono riuscito ad arrivare a Donegal in tempo per prendere l’autobus per Derry.
Seppur molto stanco, una volta arrivato nella bellissima cittadina dell’Irlanda del Nord, piuttosto che restare in ostello a vedere una finale di europei finita malissimo per noi italiani, ho preferito concedermi una veloce visita a questa città dalla storia lunga e travagliata.
Vista serale di Derry
Andare in giro il primo luglio, per una città semi deserta, dagli ampi spazi, solo, sotto una sottile pioggerellina che rendeva tutto ovattato, alle 23 con il cielo ancora luminoso per un tramonto passato da pochi minuti, con una temperatura che in Puglia, dove io abito, si raggiunge solo a fine novembre, è stata un’esperienza molto particolare. Questa solitaria passeggiata è finita in un’affollatissimo e caldo pub, con musica tradizionale dal vivo. Qui, in pochi minuti, mi sono ritrovato seduto ad un tavolo con tre simpaticissime ed espansive ragazze di Derry, che ascoltando divertite il racconto del mio viaggio fino a quel momento, mi hanno offerto una Guinness, felici di poter rispolverare qualche parola di italiano che avevano imparato nei loro viaggi nelle nostre città d’arte. Così, in pochi minuti, non mi sono più sentito solo.
Il giorno dopo, di buon mattino, ho preso il treno che mi avrebbe portato a Coleraine e di lì, con un piccolo autobus, ho raggiunto finalmente le suggestive Giant’s Causeway.
Queste strane formazioni rocciose, emergono dal mare come perfette colonne di basalto a sezione esagonale. Ovviamente, i turisti qui si affollano felici di fotografare e farsi fotografare vicino queste stranissime forme naturali. Anch’io, ne sono rimasto affascinato, aggirandomi tra queste formazioni rocciose, alla ricerca di angoli dai quali poter fare belle foto senza inquadrare turisti, con poco successo purtroppo.
Di qui, ritornando a Derry, per recuperare il mio zaino lasciato in ostello, ho preso l’autobus che passando per Belfast, mi ha portato a Dublino, verso la fine della mia avventura in Irlanda.
Nella vitale capitale irlandese ho trascorso il mio ultimo giorno e mezzo di viaggio. Arrivato la sera del 2 luglio, ho subito fatto rotta verso il quartiere “Temple bar”, ovvero il quartiere del divertimento e dei pub di Dublino. In questo festoso quartiere, dopo aver passeggiato tranquillamente tra gruppi di ragazzi e ragazze visibilmente ubriachi, turisti, irlandesi facilmente riconoscibili per il loro abbigliamento leggero senza protezioni per la pioggia, ho fatto il mio ingresso nel mitico “The temple bar”, il pub più famoso di tutta l’Irlanda.
Assaporando una pinta di Guinness ho trascorso la serata qui, ascoltando il gruppo che proponeva musica tradizionale, suonata con violino, tin whistle, un piccolo flauto irlandese e fisarmonica.
Il giorno seguente, accompagnato dalla tipica pioggia irlandese alla quale avevo iniziato ad abituarmi, ho girato per tutta la città e i luoghi di maggiore interesse, come la cattedrale di San Patrick, la fabbrica della Guinness, i ponti di Calatrava, la scultura di Arnaldo Pomodoro, “Sfera con sfera” conservata nel Trinity College.
Visita serale del Samuel Beckett Bridge a Dublino
Così, dopo aver girato per quasi tutta l’isola, aver visitato le due parti nella quale questa splendida isola è politicamente divisa, ovvero Irlanda (o Eire) e Irlanda del Nord, dopo aver fatto autostop nei posti più impensabili ed essere riuscito sempre ad arrivare a destinazione senza problemi, dopo aver conosciuto tantissima gente, tanti irlandesi e tanti turisti, dopo aver visitato tutti i luoghi che mi ero promesso di vedere, il 4 luglio era arrivato il momento di prendere l’aereo che mi avrebbe riportato a casa.
Sono andato via dall’Irlanda portandone un grosso pezzo nel mio cuore; la durezza del clima, la selvaggia bellezza dei paesaggi tipici, la gentilezza e il calore degli irlandesi e il modo in cui ho scelto di realizzare questa mia esperienza di viaggio non hanno fatto altro che farmi innamorare di quest’isola, nella quale, prima o poi, senza fretta, ci ritornerò.
Pasquale Miccolis
Il racconto fa parte dell’iniziativa “Turisti per scelta…(green)“