Nuove indiscrezioni sulla Foxconn stanno rovinando la festa alla Apple, che ieri ha presentato al pubblico il "più veloce, più leggero e più sottile iPhone di sempre", l'iPhone5. Con i suoi 7,6 millimetri di spessore, il 18% in meno rispetto al modello attuale, si tratta, in realtà, della sesta generazione dello smartphone con cui la mela verde di Cupertino ha rivoluzionato il mondo della telefonia. La sesta generazione prodotta sfruttando lavoratori cinesi.
Nuove indiscrezioni sulla Foxconn stanno rovinando la festa alla Apple, che ieri ha presentato al pubblico il “più veloce, più leggero e più sottile iPhone di sempre”, l’iPhone5. Con i suoi 7,6 millimetri di spessore, il 18% in meno rispetto al modello attuale, si tratta, in realtà, della sesta generazione dello smartphone con cui la mela verde di Cupertino ha rivoluzionato il mondo della telefonia. La sesta generazione prodotta sfruttando lavoratori cinesi.
Con le parole di un giovane reporter cinese che si è infiltrato per 10 giorni come operaio, è un reportage pubblicato dallo Shanghai Evening Post, dal titolo “Foxconn Undercover“, a raccontare, ancora una volta, le orribili condizioni di lavoro nell’impianto in cui si assembla il nuovo melafonino. A cominciare dai turni di lavoro massacranti, per finire con le pessime condizioni igieniche o di sicurezza e le continue vessazioni da parte dei superiori, L’inferno Foxconn è rimasto lo stesso, ripagato con un salario miserevole inferiore ai 200 euro.
“Secondo i miei calcoli, devo terminare almeno 5 mascherine di iPhone al minuto, visto che in 10 ore devo finire 3000 mascherine posteriori dell’iPhone 5. Ci sono in totale 4 linee di produzione incaricate di questo processo, 12 operai per ogni linea. Ogni linea può produrre 36000 mascherine posteriori di iPhone 5 in mezza giornata. Roba da far spavento… Finisco di lavorare alle 7 del mattino“, racconta il reporter della sua terribile esperienza.
Nei dormitori la situazione è persino peggiore: “la prima notte nel dormitorio Foxconn è un incubo. Quando ho aperto il mio armadio sono usciti un sacco di scarafaggi“. Al loro interno è possibile persino contare 10 persone su un letto a castello, “l’intero edificio è impregnato di un odore di spazzatura, pesce e cibo a buon mercato; vicino a ogni porta ci sono cataste di buste dell’immondizia“, racconta il giornalista, che spiega di aver partecipato a un corso di formazione di 3 giorni prima di firmare un contratto molto rigido sugli obblighi dei lavoratori e poca sui loro diritti, compreso nessun accenno agli orari di lavoro.
Su un altro giornale, il China Daily, desta stupore anche un’altra vicenda: migliaia di studenti cinesi, spiega il Telegraph, sarebbero stati obbligati a lavorare nelle fabbriche della Foxconn per “stage” sottopagati, probabilmente proprio per aumentare la produzione del nuovo modello dello smart phone. Una studentessa di contabilità di Huai’an, città della Cina orientale, ha raccontato: “anche se le scuole hanno siglato con Foxconn un accordo per un periodo di tirocinio, non hanno informato né studenti né genitori. Una o due scuole hanno cancellato i programmi di stage con la Foxconn, ma il mio istituto li ha confermati, punendo anche alcuni studenti che si erano opposti“.
Questo è il costo da aggiungere al prezzo di vendita del nuovo gioiello Apple: un’infrazione dei diritti umani incalcolabile economicamente. Insomma, nonostante gli scandali, le promesse disattese, gli insuccessi e le figuracce, nulla sembra essere cambiato. D’altronde perché le cose dovrebbero andare diversamente, visto che, come ha detto al reporter cinese-operaio un suo supervisore alla Foxconn, mostrando il frontalino posteriore del nuovo iPhone, i cinesi dovrebbero “essere orgogliosi di poterlo produrre“.
Roberta Ragni
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