Altro che lungomare. Secondo il WWF in Italia ci si trova spesso davanti al "lungomuro". La fotografia dei litorali italiani nel nuovo dossier "Coste: il profilo fragile dell'Italia" del WWF
Come stanno le nostre ? Non bene purtroppo. Ne è certo il che oggi ha presentato al Ministero dell’Ambiente il nuovo dossier “Coste: il profilo fragile dell’Italia“. Un litorale, quello italiano, lungo ben 8mila chilometri ma purtroppo in balia dell’inquinamento, dell‘erosione costiera e con scarse tutele sotto il profilo normativo, non tanto per la mancanza di regole ma per la loro scarsa attuazione. Meno del 30% delle coste italiane oggi è allo stato naturale.
Secondo quanto si legge nello studio, i nostri litorali sono affollati da 638 comuni costieri e 30 milioni di italiani sono colpiti da erosione costiera per il 42%. Più che lungomare, molti di noi sono costretti ad “ammirare” un “lungomuro” di cemento che conta in media uno stabilimento balneare ogni 350 metri (12.000 in tutto).
Al centro del dossier però vi sono i porti e la qualità delle acque. In Italia è presente un porto ogni 14,2 chilometri di costa per un totale di 525 approdi sia turistici che commerciali (con un incremento del 7,6% tra il 2007 e il 2011). I picchi in Friuli Venezia Giulia e in Veneto, che hanno il poco lodevole primato di un porto ogni 2,6 km di costa.
In merito alla qualità della acque, sul banco degli imputati è finito indovinate chi? Ma il petrolio ovviamente. Secondo lo studio, la metà del greggio che arriva nel Mediterraneo (9 milioni di barili di greggio ogni giorno) viene scaricato nei porti petroli italiani (14 scali petroliferi, 3 dei quali sono quelli principali: Genova, Trieste, Venezia). 9 sono le raffinerie situate sulla costa: Marghera, Falconara, Taranto, Livorno, Augusta, Priolo, Milazzo, Sarroch e Gela.
E possiamo vantare un altro primato negativo: siamo i primi per quantità di greggio versato nei principali incidenti che si sono succeduti in 25 anni, con 162.200 tonnellate sversate nelle acque territoriali italiane. Ci seguono la Turchia con quasi 50mila tonnellate e il Libano con 29mila. Non va meglio sul fronte dei depuratori, visto che ben 18 milioni di cittadini, il 30% della popolazione italiana, non sono serviti dalla depurazione delle acque reflue, mentre un impianto su 4 sarebbe irregolare.
Ma, secondo il WWF, gli strumenti di tutela non mancano: Convenzioni internazionali, Direttive Comunitarie, Norme nazionali e regionali, cui si aggiungono 7 Parchi Nazionali costieri, 27 Aree Marine Protette, 51 Zone Ramsar, senza contare 378 Siti di Interesse Comunitario, 114 Zone a Protezione Speciale, 150 SIC a mare
E c’è anche un paradosso: l’Italia è lo stato mediterraneo con il maggior numero di Aree Marine Protette. Ma solo in linea teorica visti i risultati. Qualcosa bisogna fare, e anche in fretta. Per questo, il WWF ha redatto un decalogo, rivolto al Ministro Clini, per salvare le coste del nostro paese:
1. Estensione del vincolo paesaggistico sulle coste
2. Moratoria delle nuove edificazioni
3. Approvazione dei Master Plan regionali dei porti
4. Ricognizione sulle concessioni degli stabilenti balneari
5. Bonifica delle aree industriali costiere inquinate
6. Pieno rispetto della Convenzione di Barcellona su fascia costiera e aree protette
7. Approvazione dei Piani di gestione per le aree costiere e marine della Rete Natura 2000;
8. Gestione integrata delle acque per salvare la costa e il mare
9. Garantire le risorse per maggiori controlli in mare e sulla fascia costiera
10. Avvio di un piano nazionale per le “green infrastructures“: che garantisca la funzione ecologica di coste e fiumi che devono essere più idonei a rispondere alle esigenze di “adattamento” imposte dai cambiamenti climatici in atto.
La ricetta salva-coste proposta dal WWF punta da una parte alla diminuzione della pressione sulle coste già edificate e dall’altra ad una gestione naturalistica ed ambientale efficace per le aree che si sono salvate.
“Anche in una situazione di difficoltà economica come quella attuale, la tutela delle nostre coste è necessaria e possibile, trovando in un nuovo rapporto tra Stato e Regioni la capacità di realizzare un piano di intervento a lungo termine su cui investire fondi comunitari – ha detto Adriano Paolella, direttore generale del WWF Italia – Nel frattempo il ruolo delle associazioni e dei cittadini è fondamentale. Non possiamo permetterci di perdere le nostre coste e insieme, come dimostrano oltre 40 anni di azione WWF sul campo grazie all’aiuto di tutti i suoi sostenitori, possiamo concretamente salvare da ogni forma di speculazione tasselli preziosi dei nostri litorali, conservandone l’integrità e la bellezza per gli anni a venire.”
Intanto fervono i preparativi per la Festa delle Oasi WWF, che il 20 maggio saranno aperte gratuitamente in tutta Italia insieme alle 27 Riserve del Corpo Forestale dello Stato. Si tratta di oltre 100 Oasi, che rappresentano il più grande sistema di aree protette privato d’Europa. Un’occasione unica per riscoprire insieme agli esperti del WWF gli oltre 30.000 ettari di natura incontaminata, tra spiagge, boschi, fiumi, montagne e lagune, coi loro abitanti, molti dei quali a rischio estinzione. Anche quest’anno testimonial della campagna sarà Luca Argentero.
Francesca Mancuso