Affinché la tragedia del naufragio della Costa Concordia non rimanga un ennesimo episodio di negligenza all’italiana, ma rappresenti una lezione da cui trarre insegnamento e soprattutto un’occasione per fissare nuove regole nell’interesse di tutti, è necessario che il Governo dia seguito alle promesse espresse dal Ministero dell’Ambiente in materia di rotte sicure, in particolar modo nelle aree sensibili.
Affinché la tragedia del naufragio della Costa Concordia non rimanga un ennesimo episodio di negligenza all’italiana, ma rappresenti una lezione da cui trarre insegnamento e soprattutto un’occasione per fissare nuove regole nell’interesse di tutti, è necessario che il Governo dia seguito alle in materia di rotte sicure, in particolar modo nelle aree sensibili.
Questo, in sostanza, è ciò che chiedono a gran voce le associazioni ambientaliste e gli italiani tutti. In particolar modo Legambiente, per voce del suo responsabile Mare Sebastiano Venneri torna a chiedere la rapida istituzione dell’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano: “C’è poco da dire, in una zona protetta la nave non sarebbe entrata, avrebbe mantenuto la distanza prevista dalla normativa sulla zonazione dell’area e questa terribile tragedia non sarebbe avvenuta. Istituire ora il parco marino, dopo tre decenni dalla sua prima previsione, sarebbe un segnale importante per la sicurezza dei cittadini e la tutela dell’ambiente”.
Tutto ciò anche in nome dell’assurda situazione che ancora vige nel cosiddetto “Santuario dei Cetacei”, il fragile e preziosissimo tratto di mare del Santuario internazionale dei Mammiferi marini Pelagos, da sempre teatro di comportamenti scriteriati da parte delle navi, nonostante l’accordo tra Italia, Francia e Principato di Monaco per la sua tutela.
Secondo il WWF la strada per evitare il ripetersi di tali comportamenti e la violazione delle rotte risiede nell’adozione di sanzioni più severe in grado di scoraggiare il diffuso sistema di violazioni a cui si assiste da anni e che si ripercuotono negativamente non soltanto sui sistemi ambientali, ma anche su quelli economici costieri che si fondano sulla pesca e il turismo.
“Rimane aperto comunque lo spinoso tema dei controlli ed è indubbio che attualmente c’è una difficoltà operativa oggettiva delle capitanerie di porto che sono costrette a operare con una gravissima carenza economica che spesso impedisce di svolgere, anche laddove possibile, i necessari pattugliamenti e controlli – spiega l’associazione del panda in una nota – In altri Paesi esistono sistemi di controllo che vengono garantiti e gestiti anche da rigidi accordi con le assicurazioni che non rispondono o rispondono solo parzialmente in caso di violazione delle regole. In Italia invece il sistema di controllo è in capo ai soggetti pubblici che si trovano spesso in carenza di mezzi e investimenti nello svolgere fino in fondo buona parte delle funzioni a cui sono preposti”.
Urgono nuove regole e nuove sanzioni, per evitare deja-vu troppo frequenti in Italia. Nell’interesse di tutti.
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