Il Cipe stanzia nuovi fondi per la tutela del suolo e per attuare nuovi interventi contro il dissesto idrogeologico. E il ponte non vi rientra
Dissesto idrogeologico, in arrivo finalmente i nuovi fondi dal Cipe (Comitato interministeriale per la Programmazione economica). Ad annunciarlo è stato il Ministero dell’Ambiente che in una nota ha reso noti i progetti e le opere pubbliche che verranno portati avanti nei prossimi mesi nelle regioni del Sud Italia. E tra essi non figura il .
I recenti fatti di cronaca, le alluvioni che hanno colpito in particolare la Liguria e il messinese, insieme ai dossier poco confortanti, hanno sicuramente fatto scattare un nuovo campanello d’allarme, e cambiando (se mai ce ne fosse stato bisogno) le priorità di intervento nel meridione. Tra esse vi è sicuramente il dissesto idrogeologico. Per questo, qualche giorno fa, il Cipe ha deliberato lo stanziamento di oltre 749 milioni di euro che consentiranno al Ministero dell’Ambiente e a Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, di attuare interventi di difesa del suolo. Ad essi andranno ad aggiungersi altri 130 milioni di euro per le Regioni del centro-nord.
Quanto. In particolare, il Cipe ha assegnato al Sud 679 milioni di euro di cui 65 milioni in quota Ministero, 262 a valere sul Fas nazionale e 352 sui Fas interregionali. A queste somme vanno aggiunti 74 milioni che già erano nella disponibilità del Ministero dell’Ambiente. Attraverso tali fondi Ministero e Regioni cofinanzieranno i 518 interventi programmati.
Come. I fondi del Cipe saranno così distribuiti: 23 milioni e 900 mila euro per i 76 interventi in Basilicata, 198 milioni e 900 mila euro per i 185 interventi in Calabria; 210 milioni e 600 mila euro per i 57 interventi in Campania; 27 milioni per gli 87 interventi in Molise, 175 milioni e 566 mila euro per gli 84 interventi in Puglia; 25 milioni e 800 mila euro per i 17 interventi in Sardegna; 12 milioni e 756 mila euro per gli 11 interventi in Sicilia. Qui, i fondi non serviranno dunque ad intraprendere la strada della costruzione del ponte sullo stretto, ma avranno lo scopo di avviare nuovi programmi per la difesa del suolo.
“Finalmente un cambio di passo radicale sul fronte delle infrastrutture, dopo anni di politica a sostegno esclusivo delle grandi opere” ha commentato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza. “Togliere i finanziamenti al Ponte mentre se ne sbloccano altri per la realizzazione di opere medio piccole e la manutenzione del territorio e della rete ferroviaria, che ne hanno tanto bisogno, è una decisione che risponde ai reali bisogni del Paese, in netta controtendenza rispetto alla precedente politica“.
Perché investire nella costruzione del Ponte quando ci sono delle priorità così importanti? Secondo Legambiente il prossimo passo atteso dal governo Monti è quello di chiudere “la società Ponte di Messina mettendo una volta per tutte la parola fine a un progetto insensato“.
Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha risposto: “È importante questa ripartenza degli interventi per la difesa del suolo. I fondi recuperati consentiranno di attuare gli interventi previsti e che erano stati bloccati per mancanza di risorse. Si tratta di un primo, essenziale, passo per ricondurre la protezione del nostro territorio nell’ambito delle priorità del paese sia in termini ambientali che come volano economico”.
Soddisfatto anche il WWF che “plaude alla revoca del finanziamento di 1,6 miliardi di euro per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina“. Ma non basta. Gli ambientalisti infatti attendono anche “che ci sia il rigetto del progetto definitivo del Ponte, ‘non meritevole di approvazione’ (come stabilisce il contratto tra Stretto di Messina SpA e il General Contractor Eurolink) per gravi omissioni di carattere economico, finanziario e ambientale“.
Secondo il WWF inoltre, “il 29 luglio scorso la concessionaria pubblica Stretto di Messina SpA ha approvato il progetto definitivo del Ponte per un valore di ben 8,5 mililardi di euro (pari a mezzo punto di PIL). Ora è quindi d’obbligo un atto del Cipe che respinga il progetto definitivo per evitare che lo Stato, e quindi i cittadini, paghino penali scandalose al General Contractor. Infatti se il Cipe approvasse il progetto definitivo, si passerebbe alla fase esecutiva e all’apertura dei cantieri e quindi, secondo il contratto, lo Stato dovrebbe pagare centinaia di milioni di penali per la mancata realizzazione dell’opera“.
Fermare lo scempio, prima che sia troppo tardi, a danno dell’ambiente e delle tasche dei contribuenti. Ma intanto un primo passo è stato fatto. Il Cipe ha preso atto delle criticità balzate agli occhi della cronaca durante il 2011, e non solo, e sta investendo per tutelare il nostro territorio.
Mai più disastri come quello di Genova, via la paura dal messinese, dove da qualche anno si ripete un macabro copione.
Francesca Mancuso