Latte crudo: trovati batteri patogeni a Torino. Questione di sicurezza o interessi economici?

Il latte crudo venduto alla spina nei 1438 distributori automatici italiani ha sempre più sostenitori. Perché conserva tutte le proprietà del latte, perché è un prodotto nostrano che aiuta l’ambiente, non essendo né impacchettato né trasportato per chilometri e chilometri. Ed è anche più conveniente del latte industriale, dal momento che non subisce i vari passaggi di intermediazione. Ma anche perché la pastorizzazione, processo che consiste nel riscaldamento del latte a determinate temperature e per periodi di tempo calibrati e successivo rapido raffreddamento, distrugge almeno il 10 per cento delle vitamine B1, B6 e B12 e il 25 per cento della vitamina C presenti nel latte crudo.

Il latte crudo venduto alla spina nei 1438 distributori automatici italiani ha sempre più sostenitori. Perché conserva tutte le proprietà del latte, perché è un prodotto nostrano che aiuta l’ambiente, non essendo né impacchettato né trasportato per chilometri e chilometri. Ed è anche più conveniente del latte industriale, dal momento che non subisce i vari passaggi di intermediazione. Ma anche perché la pastorizzazione, processo che consiste nel riscaldamento del latte a determinate temperature e per periodi di tempo calibrati e successivo rapido raffreddamento, distrugge almeno il 10 per cento delle vitamine B1, B6 e B12 e il 25 per cento della vitamina C presenti nel latte crudo.

Ecco, però, che puntualmente si verificano episodi di contaminazione, come quelle su cui sta indagando attualmente la Procura di Torino. Secondo le analisi dell’Istituto zooprofilattico di Torino, sono 18 i casi di presenza di batteri patogeni nel latte crudo erogato dai 178 distributori del Piemonte nel 2011. In particolare, si tratta del campylobacter jejuni, che può provocare malattie diarroiche acute, del Lysteria monocytogenes, che si manifesta con vomito, dolori addominali e febbre e dello Staphylococcus aureus, che causa in genere vomito e forti tremori. Il pm Raffaele Guariniello, lo stesso che si sta occupando della vicenda delle caraffe filtranti, trasmetterà ora la relazione al ministero della Salute. E le discussioni tra i pro e i contro il latte crudo non si placano, perché “Si tratta di un problema controverso – afferma il procuratore Guariniello – il latte crudo ha molti sostenitori, per questo motivo stiamo cercando di fare chiarezza sul grado di sicurezza del prodotto”.

Già tra il 2006 e il 2008, quando i distributori di latte crudo si stavano diffondendo, si verificarono 9 casi sospetti di sindrome emolitico-uremica, un’infezione grave ai reni causata dall’oramai celebre Escherichia coli. Il Sottosegretario alla Salute, Francesca Martini, firmò allora un’ordinanza con le misure da adottare per garantire la sicurezza dei cittadini, entrata in vigore il 14 gennaio 2009. Fu introdotto, così, insieme al divieto di somministrazione di latte crudo nell’ambito della ristorazione collettiva, l’obbligo di riportare sulle macchinette erogatrici e sulle bottiglie l’indicazione che il latte deve essere consumato previa bollitura, “in maniera ben visibile e a caratteri in rosso”, indicando come data massima di scadenza il 3° giorno dalla data della messa a disposizione del consumatore.

Con il parere favorevole dell’Istituto superiore di Sanità, il ministero della Salute ha prorogato proprio lo scorso 12 dicembre, data della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, le disposizioni per la prevenzione del rischio di infezione da Escherichia coli, con cui vengono mantenute le disposizioni in materia di produzione e commercializzazione di latte crudo destinato al consumo umano, quali validi strumenti per l’abbattimento del rischio di infezione da Escherichia coli (Vetec) nell’uomo connesso al consumo di latte crudo e per la tutela della salute pubblica. Nel 2010, inoltre, le disposizioni erano state integrate con il divieto di produzione di gelati con latte crudo, in imprese registrate ai sensi del Regolamento (CE) 852/2004, anche qualora si riforniscano di latte crudo direttamente dal produttore primario. Perché l’utilizzo di latte crudo non sottoposto ad adeguato trattamento termico nella produzione di gelati comporta i medesimi rischi per la salute del consumatore connessi all’assunzione diretta dello stesso e, di conseguenza, l’operatore del settore alimentare ha l’obbligo di sottoporre a pastorizzazione il latte crudo utilizzato per la preparazione di gelati.

Nonostante gli obblighi e i divieti, però, il latte crudo continua a conquistare i consumatori, ben contenti di aiutare i produttori locali sempre più soffocati dalla globalizzazione. Anche perché su tutta questa vicenda e sui puntuali “allarmi-contaminazione” incombe, come in altre vicende, vedi caraffe filtranti, l’ombra di una vera e propria campagna “denigratoria” con fini anche fin troppo chiari.

La vendita del latte crudo, infatti, impoverirebbe le tasche delle grandi distribuzioni e delle multinazionali lattaie, che, a causa dell’entrata in commercio di un nuovo canale distributivo, si ritrovano evidentemente in concorrenza con piccoli allevatori che preferiscono vendere il proprio latte direttamente al consumatore.

Il latte crudo correttamente prodotto, peraltro, presenta una carica batterica estremamente bassa. Ma, analogamente ad altri alimenti freschi come carne pesce e uova, consumabili a crudo (carpaccio, sushi e zabaione), potrebbe fungere da terreno di coltura e contenere e veicolarne, in particolare dei batteri patogeni come brucelle, coliformi, salmonelle, e agenti diarroici, anche se a norma non dovrebbero essere presenti nel prodotto. Il rischio di contrarre la sindrome emolitico uremica o altre infezioni bevendo il latte crudo sono gli stessi che si corrono mangiando verdura o carne cruda, entrambe sottoposte a controlli non altrettanto rigidi rispetti al latte crudo.

Ma allora, una volta consapevole di rischi e benefici, perché il consumatore non deve avere il diritto di acquistare latte crudo e formaggi a latte crudo se ritiene che sia importante? Slow food spiega sul proprio sito che “non c’è motivo per cui il latte non possa essere prodotto in fattoria secondo un processo equamente monitorato, controllato e regolamentato e venduto con adeguata etichettatura. In tema di latte crudo come di qualunque altro cibo, Slow Food crede che non si debba mai limitare il diritto di scelta in nome di una presunta percezione di sicurezza”.

Insomma, contaminazioni o no, bollitura o non bollitura, anche noi di greenMe.it continuiamo ad essere del parere che acquistare il latte crudo alla spina e rifornirsi nei distributori in città non possa essere che un beneficio per noi tutti. È una questione dove va usato il buon senso e, acquistando il latte crudo, avremo comunque fatto un atto di buon consumo critico.

Roberta Ragni

Latte crudo alla spina: su Milk Maps la mappa dei distributori in Italia

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