Porto Tolle: in piazza per dire no al carbone

Grande successo della manifestazione contro l’uso del carbone indetta ad Adria dal comitato “Fermiamo il carbone”, a cui hanno partecipato 35 associazioni, tra cui Arci, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Italia Nostra, Sos Rinnovabili, Lipu, Legapesca, Slow Food, e migliaia di cittadini giunti da tutta Italia per manifestare a gran voce il loro no al carbone, un ''killer per la salute, il clima e l'economia''. Ad Adria, nel delta del Po, oltre duemila persone hanno sfilato in corteo contro la trasformazione della centrale di Porto Tolle, inserita nell’area di uno dei parchi più importanti d’Italia, da olio combustibile a carbone. Altri presidi anche a Saline Joniche, La Spezia, Vado Ligure, Brindisi e Civitavecchia.

Grande successo della manifestazione contro l’uso del carbone indetta ad Adria dal comitato “Fermiamo il carbone”, a cui hanno partecipato 35 associazioni, tra cui Arci, Legambiente, Wwf, Greenpeace, Italia Nostra, Sos Rinnovabili, Lipu, Legapesca, Slow Food, e migliaia di cittadini giunti da tutta Italia per manifestare a gran voce il loro no al carbone, un ”killer per la salute, il clima e l’economia”. Ad Adria, nel delta del Po, oltre duemila persone hanno sfilato in corteo contro la trasformazione della centrale di Porto Tolle, inserita nell’area di uno dei parchi più importanti d’Italia, da olio combustibile a carbone. Altri presidi anche a Saline Joniche, La Spezia, Vado Ligure, Brindisi e Civitavecchia.

E in occasione della mobilitazione nazionale, il WWF si è rivolto con una Lettera Aperta direttamente alle Regioni più interessate dalla riconversione a carbone o dal potenziamento di centrali esistenti, dalla presenza di centrali sul proprio territorio o dalla costruzione di nuove (Regioni Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Veneto) perché facciano la propria parte nel de-carbonizzare l’Italia, come richiesto dalla strategia europea. Il WWF si rivolge direttamente alle Regioni perché diano un contributo diretto e fattivo a “fermare il carbone”, data la loro capacità di influire sulle scelte nazionali alla luce dei loro poteri concorrenti, attribuiti loro dall’art. 117 della Costituzione, in primis, con riguardo alla tutela della salute e in materia di produzione, trasporto e distribuzione di energia.

L’Italia non aveva bisogno del nucleare e non ha alcun bisogno del carbone, ma deve muoversi velocemente per stare al passo della rivoluzione energetica basata su fonti rinnovabili ed efficienza energetica”. Secondo l’Agenzia internazionale per l’Energia (Iea), come spiega il Wwf, il settore energetico è responsabile del 41% di tutte le emissioni di anidride carbonica (CO2) derivanti dall’uso di combustibili fossili nelle attività umane. La combustione del carbone produce fino al 70% di CO2 in più rispetto al gas naturale per ogni unità di energia prodotta. Più in generale: il 43% di tutte le emissioni da combustione di combustibili fossili è da attribuire all’uso del carbone (oltre 12,5 miliardi di tonnellate di CO2 annue). “Dunque -afferma ancora l’associazione ambientalista- il carbone è un vero killer del clima. Il mondo sta andando verso un’economia de-carbonizzata, ed è logico che il primo passo sia proprio liberarsi delle centrali a carbone e non costruirne altre”. “Anche gli investitori -sottolinea il Wwf- stanno rivedendo la loro politica: Morgan Stanley, Citi, J.P. Morgan Chase, and Bank of America hanno già dal 2008 dato una forte stretta ai finanziamenti per le centrali elettriche a carbone, e altrettanto hanno fatto di recente, insieme al Climate Group, BNP Paribas, Credit Agricole, F&C Asset Management, HSBC e Standard Chartered. Gli investimenti stanno prepotentemente andando verso le energie davvero pulite e rinnovabili, passando da 165 miliardi di dollari nel 2009 a 211 nel 2010”.

Ma i lavoratori della centrale di Porto Tolle, che hanno esposto durante il corteo di Adria uno striscione di 20 metri che recitava “Per il bene comune…andate a lavorare”, non sono affatto d’accordo: “con le idee non si mangia e quando non sono idee sostenibili si fa poca strada –dicono gli operai- mentre l’Italia traballa in assenza di investimenti e lavoro, oggi ad Adria c’è gente che balla in piazza contro un investimento che vale 2,5 miliardi di euro, 3.500 posti di lavoro e con tecnologie per la piena compatibilità ambientale”.

Roberta Ragni

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