È come se a un certo punto al posto degli olivi si dovesse piantare mais perché l'olio di mais si vende meglio sul mercato internazionale mentre nessuno vuole più quello extravergine di oliva. In Belgio sta accadendo qualcosa di simile con le patate. Anzi con una particolare specie di patata, la bintje.
Non un tubero qualsiasi, bensì una sorta di simbolo nazionale, che in un Paese con forti difficoltà a tenere insieme nazionalismi valloni e fiamminghi rappresenta uno dei pochi elementi di unione. Lo dimostra la quantità di patatine fritte che i belgi dichiarano di mangiare annualmente: un terzo in più di quanto non ne mangino gli americani. Le acquistano abitualmente nei Fritkots, sorte di friggitorie mobili, situate a ogni angolo delle strade, sempre pronte a fornire il classico cartoccio bollente, arricchito di maionese.
La leggenda racconta che un soldato americano arrivato in Belgio assaggiò le patatine fritte alla moda belga e poiché la lingua usata dai soldati non era il fiammingo bensì il francese, chiamò quel delizioso piatto “french fries”.
Nel corso del tempo la patatina fritta francese si è distinta da quella belga: più lunga e sottile la prima, corta e larga la seconda. La convenzione internazionale tuttavia ha fatto prevalere sul mercato internazionale la moda francese e oggi le grandi multinazionali interessate ad acquistare patate dalle grandi compagnie agricole belghe richiedono tipologie di patate da cui estrarre solo sticks. Più facili da congelare e da friggere all’interno delle vasche delle grandi cucine.
Le conseguenze di questa soluzione dal sapore globale emergono in modo chiaro quando si leggono i dati: dal 1999 la produzione di patate in Belgio è triplicata mentre quella della bintje è sostanzialmente stagnante. A rendere nota la crisi della Bintje è il Wall Street Journal in un recente articolo.
I numeri sono stati resi noti nel corso del Potato Europe 2011, occasione durante la quale tutti i produttori si riuniscono per parlare di problemi e condividere le strategie del settore. “Quindici anni fa la bintje era praticamente al centro di ogni scambio, oggi copre appena il 5%” dice Leon Boer responsabile commerciale della Farm Frites. A questi gridi di allarmi degli agricoltori si sono aggiunti anche quelli di commercianti e soprattutto appassionati, intimoriti dalla possibilità che la tradizione della coltivazione della bintje vada perduta.
Questa patata, giunta casualmente in Belgio nel XIX, aveva trovato lì un mix ambientale in cui crescere bene. Da allora numerose altre tipologie di patate sono state sviluppate, tra cui alcune maggiormente resistenti ai cambiamenti ambientali. Ovviamente questo, nel tempo, le ha fatte preferire alla bintje, più sensibile e quindi più rischiosa.
I produttori riconoscono che la qualità belga è una delle migliori per quanto riguarda il gusto e la consistenza una volta fritta, ma il mercato ha altre esigenze e la bintje sembra essere destinata al lento abbandono.