Fotovoltaico: chiude fabbrica di pannelli solari perché inquinante

I pannelli solari – si sa – sono amici dell'ambiente, perché producono energia pulita e rinnovabile, ma le grandi produzioni rischiano di rivelarsi un boomerang per l'eco-sistema e la salute umana, se le aziende non rispettano le ferree regole stabilite sia per le fasi di realizzazione sia per lo smaltimento dei pannelli stessi.

È ciò che è avvenuto in Cina, nell’est del Paese, dove la Jinko Solar, quotata in borsa a New York, con oltre 100.000 lavoratori impiegati nelle province di Jiangxi et du Zhejiang, ha chiuso temporaneamente i battenti dopo una mobilitazione popolare in cui i manifestanti hanno accusato i produttori di avere inquinato l’ambiente e causato tumori ai cittadini.

Ad annunciare la chiusura provvisoria sono state le autorità locali, costrette a prendere la decisione dopo gli scontri registrati nella notte di giovedì, venerdì e sabato, in cui oltre 500 abitanti del villaggio di Hongxiao hanno saccheggiato gli uffici e i macchinari, per poi riunirsi nella città di Haining e chiedere spiegazioni sulla moria di pesci nel vicino fiume.

Secondo i manifestanti, la contaminazione industriale ha provocato nel tempo almeno 31 casi di cancro e sei di leucemia tra gli abitanti della zona. E in effetti – stando alle ultime notizie – i rifiuti industriali prodotti da questa fabbrica non erano conformi alle nuove norme cinesi in vigore da aprile.

Insomma, oltre a dirigersi verso la Green Economy, bisogna anche rispettare le sue regole. E, in questo senso, diventa fondamentale scegliere pannelli solari di produzione italiano o europea che godono anche dell’ulteriore incentivo del 10% previsto dal Quarto Conto Energia. Ma anche che arrivino dalle istituzioni competenti le regole certe per stabilire la riconducibilità del Made in UE dei moduli prodotti extra UE” come richiesto dalle associazioni di settore.

“”Abbiamo visto in questi giorni a Zeroemission Rome il lancio di moduli asiatici che affermavano di poter accedere al maggior incentivo per il Made in Europe, ma la dichiarazione adottata, peraltro smentita successivamente, non risponde ad alcuna regola definita dal legislatore – fa notare, ad esempio, Alberto Giovanetti, segretario generale del Comitato Ifi, Industrie fotovoltaiche italiane – C’è una situazione di confusione inaccettabile sulla quale chiediamo al Gse di mobilitarsi al più presto per definire in modo chiaro, come è stato fatto per i moduli fotovoltaici, anche le regole per la identificazione dei moduli prodotti extra UE ma con celle UE. Siamo disponibili a dare il nostro supporto anche per la redazione di queste norme come abbiamo fatto per l’assemblaggio dei moduli prodotti in UE” “.

“”Le imprese italiane stanno soffrendo – prosegue Giovanetti – e questo stato di confusione non fa altro che aumentare questa sofferenza. Il cliente finale non ha chiarezza, viene anzi indotto in errore da dichiarazioni che poi, anche se smentite, provocano confusione. Affermazioni inesatte o imprecise rafforzate da manifesti, totem e campagne pubblicitarie. Smentire dopo aver lanciato un messaggio scorretto crea comunque gravi danni alle aziende che lavorano correttamente””.

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