Greenpeace, due navi un solo obiettivo: bloccare la prima piattaforma petrolifera nell’Artico

Continua l’odissea della piattaforma di esplorazione petrolifera Leiv Erikisson. Dopo l’azione in Turchia, circa un mese fa, oggi Greenpeace ha raggiunto il gigante di 35.000 tonnellate nel Mar di Groenlandia con due navi.

Continua l’odissea della piattaforma di esplorazione petrolifera Leiv Erikisson. Dopo , circa un mese fa, oggi Greenpeace ha raggiunto il gigante di 35.000 tonnellate nel Mar di Groenlandia con due navi. Ad attendere gli attivisti arcobaleno, però, c’erano i commandos della marina danese, che proteggono la Leiv Eriksson da “fastidiose” incursioni esterne.

La Leiv Ericsson è l’unica piattaforma che, quest’anno, inizierà nuove attività di perforazione nell’Artico e Greenpeace è fermamente intenzionata a impedirlo. Le ragioni che muovono l’associazione si possono leggere nei documenti riservati del Foreign Office britannico resi noti oggi da Greenpeace UK.

I documenti in questione mostrano le preoccupazioni del governo britannico per un incidente petrolifero nell’Artico. In uno scambio di mail, pubblici ufficiali dell’esecutivo inglese scrivono al ministro dell’Energia, Chris Huhne: “È difficile ottenere aiuto e assistenza in quell’area in caso di problemi di inquinamento, e pressoché impossibile sanare eventuali danni ambientali“.

Mentre in un altro documento si legge: “Permangono consistenti ostacoli (alle operazioni nell’Artico, ndr). Il principale è di carattere ambientale, con il rischio di un disastro simile a quello del Golfo del Messico… L’ecosistema artico è particolarmente vulnerabile; e ogni intervento d’emergenza sarebbe più lento e difficile rispetto al Golfo del Messico a causa della lontananza di quell’area e della difficoltà di operare a temperature sotto lo zero.”

Pare che le attività esplorative della Leiv Ericsson siano ancor più pericolose di quelle che hanno portato all’esplosione della Deepwater Horizon. Secondo le analisi del governo inglese, infatti, ogni perdita o sversamento di greggio nei mari artici sarebbe impossibile da recuperare e non sarebbe praticabile alcuna opera di pulizia o bonifica in quelle regioni.

Non solo, anche senza incidenti, la Cairn Energy ammette che le sue operazioni comporteranno lo sversamento di almeno 9.000 tonnellate di sostanze inquinanti: un impatto superiore a quello di tutte le attività di perforazione di Norvegia e Danimarca messe insieme. E pensare che la zona interessata dalle attività è nota per la presenza di balene, orsi polari, foche e uccelli migratori.

“I rischi connessi alle perforazioni nell’Artico fanno sembrare le operazioni nel Golfo del Messico, che hanno causato il più grave disastro petrolifero in mare, come una passeggiata nel parco – ricorda Ben Ayliffe, responsabile di Campagna a bordo dell’Esperanza – Anche il governo inglese sostiene che è impossibile intervenire in caso di disastro nell’Artico“.

L’area che la Cairn Energy intende esplorare è conosciuta come ‘vicolo degli iceberg’. Per evitare collisioni con la piattaforma, la compagnia intende rimorchiare gli iceberg o usare cannoni ad acqua per dirottarli. Ma lo scorso anno una vera e propria isola di ghiaccio di 260 Kmq si è distaccata dal ghiacciaio Petermann, a nord dell’Iceberg Alley.

Serena Bianchi

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