Il primo ministro giapponese Naoto Kan ha fatto mea culpa. Rivoluzionati i programmi energetici, che guardano adesso alle fonti rinnovabili piuttosto che all'atomo
Un passo indietro, dal nucleare alle fonti rinnovabili di energia. A due mesi esatti dal terremoto, il governo del Giappone, scottato dalla tremenda sciagura portata dal sisma e dalla scia di disastri legata alle perdite radioattive dei reattori, prima di Fukushima e poi anche di , pare abbia fatto marcia indietro riguardo ai programmi energetici futuri, rivoluzionandoli.
Ad annunciarlo ieri, durante una conferenza stampa, è stato lo stesso primo ministro giapponese Naoto Kan secondo cui il governo nipponico ha deciso di non proseguire nel progetto di incremento dell’energia nucleare. Piuttosto apre uno spiraglio alle fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico.
Decisione accolta con entusiamo da Greenpeace che ha visto, nella decisione del Giappone, il tramonto dell’era del nucleare: “Non abbiamo bisogno di aspettare nuovi disastri”, ha affermato Salvatore Barbera, responsabile della campagna Nucleare di Greenpeace Italia.
Intanto, in Giappone le scosse hanno fatto tremare anche il governo. Il primo ministro Kan sta infatti valutando l’eventualità di un rimpasto dell’esecutivo già da giugno, per rendere più solido l’impegno per la ricostruzione post-sisma. In breve, si ipotizza la creazione di nuovi posti ministeriali dedicati esclusivamente alla gestione della ricostruzione e alla crisi atomica che imperversa nel paese del Sol Levante.
Un peso che grava forse anche sulla coscienza del primo ministro, che ha deciso di rinunciare a parte del proprio stipendio fino alla soluzione dell’emergenza nucleare: “Continuerò a ricevere lo stipendio come parlamentare – ha detto – ma rinuncerò alla paga e ai benefit che spettano al primo ministro“. Ma tiene a precisare che “la responsabilità di non aver evitato l’incidente è del gestore Tepco quanto del governo che ha puntato sull’energia nucleare come strategia nazionale, e per questo voglio porgere le mie scuse alla gente“.
Ma quando potrà dirsi “risolta” la situazione? Quando gli abitanti potranno tornare nelle loro case abbandonate? Quando il territorio tornerà a non essere inquinato da sostanze radioattive come il plutonio che impiega oltre 24.000 anni per cessare i suoi effetti nefasti? Per quella data se ci sarà ancora vita su questa Madre terra martoriata?
Francesca Mancuso