L'autolesionismo italiano è uno dei peggiori vizi del nostro paese. A ricordarcelo, per l'ennesima volta, è la storia di quattro ragazzi di Ferrara, due ricercatori e due economisti, che nel 2005 hanno fondato il progetto RaySolar, con l'encomiabile obiettivo – andato a buon fine – di produrre il silicio più ecosostenibile e puro del mondo. E l'unico difetto di volerlo fare in Italia.
L’autolesionismo italiano è uno dei peggiori vizi del nostro paese. A ricordarcelo, per l’ennesima volta, è la storia di quattro ragazzi di Ferrara, due ricercatori e due economisti, che nel 2005 hanno fondato il progetto RaySolar, con l’encomiabile obiettivo – andato a buon fine – di produrre il silicio più ecosostenibile e puro del mondo. E l’unico difetto di volerlo fare in Italia.
La prima delle tre fasi che dovrebbero portare alla realizzazione su scala industriale di un silicio policristallino di grado solare puro al 99,9999% è stata portata a termine in un paio d’anni. Già nel 2008 i brevetti a tutela della tecnologia ideata venivano depositati grazie anche al contributo di tre business angels lombardi. Un risultato strabiliante: nessuno era ancora riuscito a ottenere un silicio così puro a un prezzo competitivo e con un impatto ambientale nullo. I riconoscimenti e l’interesse di chi opera nel settore dell’energia fotovoltaica (il silicio è l’elemento base nella costruzione dei pannelli solari) è schizzato alle stelle, e le offerte sono piovute un po’ da tutto il mondo.
Eppure, la seconda fase del progetto non è mai partita. Per realizzare la linea pilota di produzione, infatti, servirebbe un fondo di 1 milione di euro, ma di investitori onesti nemmeno l’ombra. Chi si è fatto avanti ha proposto al presidente Davide Lapomarda contratti del tipo “tu vendi tutto a noi e ti accontenti di una piccola quota della società”. Così funziona il mercato: il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ma ogni tanto, come in questo caso, il pesce piccolo esce dal branco e prosegue testardo per la sua strada. Succede quindi (febbraio 2010) che il progetto viene “congelato”, perché così, come spiega lo stesso Lapomarda, quando ottieni la risorsa sei pronto. Non farlo vuol dire farsi fregare tutto senza scampo.
E intanto i riconoscimenti e le offerte continuano ad arrivare: nel novembre dello scorso anno Photon International, una delle più autorevoli – se non addirittura la più autorevole – rivista a livello internazionale nel settore del fotovoltaico, pubblica un articolo in cui segnala RaySolar come una possibile leader nel mercato globale. Ma l’unico partner finanziario dell’iniziativa rimane la joint-venture italo-olandese Zernike Meta Venture spa, unitasi al progetto nel lontano 2007 con il fondo di venture capital Ingenium. Altri piccoli aiuti e sostegni sono arrivati dal CNR di Bologna, dalla Provincia di Ferrara, dall’Unindustria Ferrara e dalla Sipro(Agenzia per lo sviluppo Ferrara).
Come al solito il merito dei giovani italiani non viene riconosciuto né tanto meno tutelato da uno stato a dir poco latitante. Abbiamo dovuto licenziare i pochi dipendenti che avevamo – dice il presidente di RaySolar – Eppure avevamo a portata di mano la realizzazione di un’attività internazionale che non fosse sotto scacco del solo mercato italiano, ma che si indirizzasse invece al mercato globale e che facesse acquisire un vantaggio tecnologico al nostro paese.
Come finirà questa storia è difficile dirlo. La speranza è che i quattro giovani non diventino altrettanti cervelli in fuga. La certezza è che il paese sta segando il ramo su cui è seduto. Anzi, spaparanzato.
Roberto Zambon