Un pannello fotovoltaico che si pulisce da solo e che per farlo utilizza la stesa tecnologia dei rover che passeggiano su Marte. Il suggerimento viene dalla Nasa
I luoghi più colpiti dal sole, si sa, sono anche i più polverosi. Basta pensare ad alcune zone dell’India, al Medioriente, all’entroterra australiano, o, senza uscire dal nostro paese, a regioni come la Sicilia e la Puglia.
D’altra parte, è proprio in queste zone che i pannelli solari fruttano di più, sia per il numero di ore di irragiamento a cui sono sottoposti (quantità) sia per l’intensità dell’irragiamento stesso (qualità). Come fare dunque per liberarsi dall’inconveniente della polvere, che abbassa le prestazioni di un impianto fotovoltaico di oltre il 40%?
La risposta arriva nientemeno che dalla Nasa e si chiama pannello solare “autopulente”. Già, perché se qui sulla terra basta ricorrere al classico lavavetri e a una spruzzata di detergente, lassù, nello spazio, non c’è spazzola che tenga. E infatti, durante le missioni dei Rover su Marte, questa tecnologia è già stata utilizzata con successo. A rivelarlo, qualche anno dopo, è il prof. Malay Mazumder, dell’Università di Boston, durante il 240esimo incontro delle Società Chimiche Americane (ACS), svoltosi lo scorso mese.
Anche sui comuni pannelli, sostiene Mazumder, si potrà utilizzare lo stesso Electrodynamic Dust Shield (EDS) delle missioni Rover: una “pellicola” che, oltre un certo accumulo di polvere, viene attraversata da un impulso elettrico a bassa intensità per circa due minuti, “scrollandosi” di dosso circa il 90% di polvere. Non è certo un vezzo, considerando la penuria d’acqua che affligge molte zone desertiche. Inoltre, per evitare una pulizia manuale altrimenti costosa e difficile, l’EDS potrebbe persino risultare fondamentale in progetti come il Desertec.
L’unico inconveniente, di cui per ora non si sa ancora niente, è il prezzo… Quanto verrà a costare una tecnologia pensata per i rover lanciati su Marte? A quanto pare poco, visto che, entro un anno, l’EDS sarà in commercio. Parola di Mazumder.
Roberto Zambon