In tempi in cui la reputazione dell'eolico – causa malaffare e politica – è scesa di molto, l'Associazione Nazionale Energia del Vento torna a far sentire la propria voce
In tempi in cui la reputazione dell’eolico – causa malaffare e politica – è scesa di molto, l’Associazione Nazionale Energia del Vento torna a far sentire la propria voce. Nel corso dell’audizione annuale dell’Autorità per l’energia elettrica e il vento, presso la Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera, è stata infatti presentata una “memoria” in cui l’ANEV chiede più impegno, da parte del governo, nella promozione e diffusione dell’energia rinnovabile eolica.
Nella fattispecie l’associazione, che riunisce circa 2.000 soggetti del comparto eolico nazionale in Italia e all’estero (tra produttori, operatori, impiantisti, progettisti, eccetera…), ha messo in chiaro, nel documento, alcuni punti centrali:
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la revisione del meccanismo degli incentivi, al fine di garantire un ritorno minimo degli investimenti ed evitare speculazioni finanziarie nella compravendita dei Certificati Verdi;
- la lotta al “mercato” delle concessioni e a quello delle autorizzazioni, causato dall’applicazione di normative poco chiare, che andrebbero dunque migliorate;
- infine, la correzione di alcuni parametri inerenti il calcolo dell’indice di affidabilità previsto nella Delibera 05/2010, che andrebbe a penalizzare in modo eccessivo il sistema dell’eolico.
Insomma, piccoli aggiustamenti di rotta affinché il settore possa continuare a crescere. E tutto questo in vista dell’accordo 20-20-20, ovvero: la riduzione del 20% delle emissioni di CO2 entro i prossimi 10 anni, e nello stesso tempo il 17% di energia elettrica primaria (l’Italia “beneficia” di uno speciale sconto del 3%) prodotto da fonti rinnovabili. Un obiettivo a cui ci stiamo avvicinando – si legge nella memoria dell’ANEV – anche grazie al settore eolico, che permetterà di coprire una buona fetta dei 16.000 MW previsti.
Il che porterà non solo a coprire i consumi di 23 milioni di persone in tutta Italia, ma anche a sviluppare l’industria del paese con la creazione di 67.000 posti di lavoro – i famosi green job. Se la posta in gioco è alta, il prezzo da pagare sembra un po’ di impegno e attenzione in più da parte delle istituzioni. A buon intenditor…