E' stato presentato oggi a Roma, nella Sala Congressi della Facoltà di Sociologia dell'Università degli studi La Sapienza di Roma il rapporto annuale State of the World 2010 del prestigioso Worldwatch Institute, tradotto in Italia dal WWF ed edito da Edizioni Ambiente che, oltre a fotografare lo stato del Pianeta, ci fornisce le intuizioni e le idee che ci consentono di creare una società ecologicamente sostenibile in grado di soddisfare realmente i bisogni umani.
È stato presentato oggi a Roma, nella Sala Congressi della Facoltà di Sociologia dell’Università degli studi “La Sapienza” di Roma il rapporto annuale “State of the World 2010” del prestigioso Worldwatch Institute, tradotto in Italia dal WWF ed edito da Edizioni Ambiente che, oltre a fotografare “lo stato del Pianeta”, ci fornisce le intuizioni e le idee che ci consentono di creare una società ecologicamente sostenibile in grado di soddisfare realmente i bisogni umani.
Quest’anno il rapporto è particolarmente attuale, dedicato infatti alle azioni che le nostre società stanno intraprendendo (relativamente all’economica, al marketing, all’istruzione, alle imprese, alla politica e alle fedi religiose) per avviare una trasformazione indispensabile per passare dall’attuale dimensione del consumismo, prima causa della drammatica situazione ambientale e sociale, a quella della sostenibilità.
Gli esseri umani, secondo quanto dichiarato dagli studiosi del Worldwatch Institute, si sono strutturati in sistemi culturali che li hanno plasmati e vincolati. Chiedere a chi vive in una società consumista di diminuire i consumi è come chiedergli di non respirare. Scelte quali viaggiare in aereo, avere grandi case e grandi auto, stanno diventando modelli culturali sempre più dominanti e sempre più parti integranti della vita di questi individui, come se fossero naturali. Ma in realtà questi modelli sono tutt’altro che naturali e tutt’altro che sostenibili, sviluppati nel corso di molti secoli, ma che oggi si promuovono e diffondono a milioni di persone anche nei paesi in via di sviluppo.
Il collasso della civiltà umana sarà inevitabile se non avverrà con urgenza una trasformazione di questi modelli culturali dominanti. Trasformazione che deve superare il consumismo (orientamento culturale che porta l’individuo a trovare appagamento, soddisfazione e accettazione attraverso ciò che consuma), sostituendolo con un nuovo contesto culturale incentrato sulla sostenibilità. Come ricorda il presidente del Worldwatch Institute, Christopher Flavin, “Un tale mutamento – qualcosa di più fondamentale rispetto all’adozione di nuove tecnologie o di nuove politiche governative, spesso considerate come forze chiave di un cambiamento verso società sostenibili – a livello globale, rimodellerebbe il modo di concepire e di agire dell’uomo alla radice.”
Questa trasformazione costituisce la sfida più significativa ed importante dell’intera umanità e saranno necessari decenni d’impegno in cui “pionieri culturali – coloro che riescono ad avere una visione distaccata e critica della realtà culturale – lavoreranno instancabilmente per reindirizzare le istituzioni chiave della formazione culturale: istruzione, economia, governo, media e anche i movimenti sociali e le tradizioni umane consolidate“.
Secondo alcuni dati riportati nel rapporto, negli ultimi cinque anni, i consumi sono aumentati vertiginosamente, salendo del 28% dai 23,9 mila miliardi di dollari spesi nel 1996 e di sei volte dai 4,9 mila miliardi di dollari spesi nel 1960 (dollari del 2008). Alcuni di questi incrementi sono dovuti all’aumento demografico, ma tra il 1960 e il 2006 la popolazione globale è cresciuta solo di un fattore di 2,2 mentre la spesa pro capite in beni di consumo è quasi triplicata. All’aumento dei consumi corrisponde una maggiore estrazione dal sottosuolo di combustibili fossili, minerali e metalli, più alberi tagliati e più terreni coltivati (spesso per alimentare il bestiame, poiché all’aumentare dei livelli di reddito corrisponde una crescita dei consumi di carne). Per esempio, tra il 1950 e il 2005, la produzione di metalli è sestuplicata, il consumo di petrolio è aumentato di otto volte e quello di gas naturale di quattordici. Complessivamente, ora si estraggono 60 miliardi di tonnellate di risorse l’anno: circa il 50% in più rispetto a solo 30 anni fa.
“Ogni giorno l’umanità preleva dalla Terra risorse con le quali si potrebbero costruire 112 Empire State Building“.
Nel 2006, i 65 paesi con alti redditi dove domina maggiormente il consumismo erano responsabili del 78% della spesa in beni di consumo ma costituivano solo il 16% della popolazione globale. Il rapporto del Worldwatch sottolinea chiaramente che sono questi paesi che hanno urgentemente bisogno di rivedere i modelli di consumo, poiché il pianeta non ne può sostenere livelli così elevati.
Nello stesso anno, solo negli Stati Uniti, la spesa in beni di consumo è stata di 9,7 mila miliardi di dollari – circa 32.400 dollari pro capite – il che rappresentava il 32% della spesa globale, con solo il 5% della popolazione mondiale. Se tutti vivessero come gli statunitensi, si ritiene che la Terra potrebbe sostenere solo 1,4 miliardi di individui.
Dalle analisi riportate dal Worldwatch si è riscontrato che, nei prossimi 25 anni, per produrre energia sufficiente a soppiantare gran parte di quanto fornito dai combustibili fossili, si dovrebbero costruire 200 metri quadrati di pannelli solari fotovoltaici e 100 metri quadrati di solare termico al secondo, più 24 turbine eoliche da 3 megawatt all’ora nonstop, per i prossimi 25 anni. Tutto ciò richiederebbe spropositate quantità di energia e materiali – ironicamente aumentando le emissioni di carbonio proprio quando maggiormente bisognerebbe ridurle – e aggraverebbe enormemente l’impatto ecologico globale dell’umanità nel breve termine.
Lo “State of the World 2010” è uno straordinario stimolo a riflettere e ad agire. Almeno nell’unica variabile su cui possiamo abbiamo il potere di intervenire: noi stessi.
Gloria Mastrantonio