Con questa legge si disperde e si mercifica un patrimonio prezioso, bene comune, il cui utilizzo deve rispondere ad assoluti criteri di utilità pubblica. Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente ha commentato il decreto Ronchi
“Con questa legge si disperde e si mercifica un patrimonio prezioso, bene comune, il cui utilizzo deve rispondere ad assoluti criteri di utilità pubblica“. Così Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente ha commentato il decreto Ronchi, quel decreto salva infrazioni che prevede, tra le altre, la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, acqua in primis. Ottenuta ieri, con una larga maggioranza la fiducia, oggi quel decreto è stato definitivamente approvato alla Camera con 302 voti favorevoli ed è, dunque, ufficialmente una legge dello Stato Italiano.
Una legge che già si pensa di abrogare con un referendum. Una legge che non piace all’opposizione, alle associazioni dei consumatori, né tanto meno a Legambiente: “Il Governo non ha lasciato alternative sulla privatizzazione dell’acqua, imponendo il provvedimento in modo assolutamente obbligatorio, senza lasciare spazio ad alcuna discussione in proposito, né tenendo conto delle esperienze fallimentari maturate negli altri Paesi. La privatizzazione di questo bene ha costituito, infatti, un altro esempio di come il liberismo non risolva, ma anzi aggravi, i problemi di disponibilità e accessibilità delle risorse naturali”.
A livello europeo, lo testimonia a tutti gli effetti l’esperienza di Parigi che ha deciso di abbandonare la privatizzazione per tornare ad amministrare pubblicamente questa risorsa – continua Cogliati Dezza – In Italia invece si sta scegliendo deliberatamente di penalizzare una gestione pubblica, che molte volte ha garantito il principio delle 3 E: efficienza, efficacia, economicità, a fronte di un processo di parziale privatizzazione che, al contrario, ha comportato generalmente un aumento dei costi di gestione e benefici sostanzialmente nulli per ciò che riguarda la riduzione degli sprechi, dalle perdite degli acquedotti, fino all’uso terribilmente inefficiente delle risorse idriche in agricoltura. Ma non solo: la privatizzazione penalizza tutti quegli enti locali virtuosi che, con impegno, hanno amministrato coscienziosamente un bene comune, da oggi divenuto regalo per le multinazionali“.
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