Mentre in Corea del Sud si svolge l'ultimo round di negoziati per un trattato globale sulla plastica, Greenpeace e WWF chiedono ai governi di ridurre drasticamente la produzione, eliminare il monouso e proteggere l'ambiente. Ma le divisioni tra i Paesi rischiano di compromettere l'obiettivo di un accordo ambizioso
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C’è aria di suspense a Busan, in Corea del Sud. Non si parla di un nuovo film d’azione, ma di qualcosa di ben più importante: il futuro del nostro Pianeta. Proprio qui, infatti, si sta decidendo il destino della plastica, con l’ultimo round di negoziati per un trattato globale contro l’inquinamento da questo derivato petrolifero.
Fino al 1° dicembre, delegati di tutto il mondo saranno impegnati in un vero e proprio braccio di ferro, con l’obiettivo di raggiungere un accordo internazionale legalmente vincolante. In gioco c’è la salute del nostro Pianeta, soffocato da una marea di plastica che minaccia gli ecosistemi e la nostra stessa salute.
Greenpeace e WWF, insieme a milioni di cittadini, fanno il tifo per un trattato ambizioso, che imponga una drastica riduzione della produzione di plastica, l’eliminazione del monouso e la protezione dell’ambiente. Ma non sarà facile: le lobby della plastica e le divisioni tra i Paesi rischiano di affossare le speranze di un futuro libero dall’inquinamento da plastica.
Quasi 3 milioni di persone chiedono un trattato ambizioso
Alla vigilia di questo round decisivo di negoziati, Greenpeace, WWF e il movimento Break Free From Plastic hanno consegnato ai governi una petizione firmata da quasi 3 milioni di persone in tutto il mondo. Un messaggio chiaro: vogliamo un trattato che non si limiti a parole vuote, ma che imponga azioni concrete per ridurre la produzione di plastica, eliminare il monouso e avviare una transizione verso un’economia circolare.
Le richieste chiave della petizione
- Tagliare la produzione di plastica di almeno il 75% entro il 2040. Non possiamo continuare a produrre plastica al ritmo attuale, se vogliamo davvero proteggere il clima, la salute e le comunità.
- Obbligare le multinazionali a vendere più prodotti sfusi e con packaging riutilizzabile. È ora di dire basta all’usa e getta e di promuovere modelli di consumo più sostenibili.
- Aiutare i Paesi in via di sviluppo nella transizione verso un’economia circolare. I Paesi ricchi devono fare la loro parte, offrendo supporto finanziario e tecnologico ai Paesi più vulnerabili.
- Dare voce a chi è più colpito dall’inquinamento da plastica. Popoli Indigeni, comunità vulnerabili e lavoratori devono essere coinvolti nella progettazione di un futuro senza inquinamento.
Il riciclo non basta
Greenpeace e WWF denunciano da tempo i limiti del riciclo come unica soluzione. Nonostante gli sforzi, il tasso di riciclo effettivo è ancora molto basso e molti Paesi, tra cui l’Italia, esportano massicciamente rifiuti plastici, spesso verso Paesi con infrastrutture inadeguate.
“Contro l’inquinamento da plastica, il riciclo non basta”, afferma Greenpeace. “Dobbiamo ridurre la produzione e il consumo“. È necessario un cambio di paradigma, che metta al centro la riduzione della produzione di plastica vergine e la promozione di modelli di consumo basati sul riuso e sulla riduzione degli imballaggi.
Le divisioni tra i Paesi
Uno dei principali ostacoli al raggiungimento di un accordo ambizioso è rappresentato dalle divisioni tra i Paesi. Mentre l’Ue e altri Paesi spingono per una riduzione della produzione di plastica, i Paesi produttori di combustibili fossili, come Arabia Saudita, Iran e Russia, si oppongono a qualsiasi limite alla produzione.
Anche la Cina, pur essendo uno dei maggiori produttori di plastica al mondo, si è opposta a un trattato che imponga obblighi di riduzione della produzione. Pechino, infatti, continua a considerarsi un “Paese in via di sviluppo” e non vuole assumersi responsabilità aggiuntive sul fronte ambientale.
Un’occasione da non perdere
La COP29 di Baku, conclusasi pochi giorni fa, ha mostrato ancora una volta le difficoltà di raggiungere un accordo globale ambizioso sul clima. A Busan, i leader mondiali hanno l’occasione di dimostrare che la cooperazione internazionale è ancora possibile, raggiungendo un trattato forte e vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica.
“Il futuro è nelle mani dei governi riuniti a Busan”, dichiara Greenpeace. “Abbiamo bisogno di un accordo ambizioso per proteggere la nostra salute, le nostre comunità, il clima e il Pianeta”.
WWF sottolinea l’urgenza di agire: “Senza interventi significativi, si prevede che entro il 2040 la quantità di plastica immessa nell’ambiente ogni anno raddoppierà“.
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