Sistematiche violazioni dei diritti umani e delle donne, criminalizzazione delle persone LGBTQIA+, acceleratrice della crisi climatica. Eppure FIFA non si fa problemi a stringere accordi con l’Arabia Saudita, ma le calciatrici non ci stanno
Più di 100 calciatrici professioniste di 24 nazioni hanno scritto una lettera aperta alla FIFA, rivolgendosi direttamente al presidente Gianni Infantino, per chiedere la cessazione degli accordi di sponsorizzazione con Saudi Aramco, la compagnia petrolifera statale dell’Arabia Saudita.
Le giocatrici, unite in un’azione collettiva senza precedenti, accusano il governo saudita di sistematiche violazioni dei diritti umani, di repressione dei diritti delle donne e di criminalizzazione della comunità LGBTQIA+.
L’accordo con Aramco, firmato nell’aprile 2024, è uno dei più grandi contratti di sponsorizzazione per la FIFA, con validità fino al 2027 e include anche il sostegno ai Mondiali femminili previsti in Brasile. Tuttavia, l’iniziativa è stata vista come una mossa di “sportwashing”.
Con questo termine, simile al greenwashing, si intende l’uso di eventi sportivi per migliorare la reputazione di regimi controversi. La questione è stata ulteriormente aggravata dal precedente del 2023, quando la FIFA aveva annunciato una sponsorizzazione con Visit Saudi per la Coppa del Mondo femminile, scatenando polemiche simili.
La FIFA non ha risposto ufficialmente alla lettera
Nella lettera, le calciatrici sottolineano come l’Arabia Saudita utilizzi il patrocinio sportivo per distogliere l’attenzione dalla sua reputazione negativa in materia di diritti umani, menzionando in particolare le restrizioni nei confronti delle donne e la criminalizzazione delle persone LGBTQIA+.
Le firmatarie criticano inoltre il ruolo di Aramco nella crisi climatica globale, definendolo incompatibile con i valori dello sport. Tra le protagoniste dell’iniziativa, spiccano figure come la canadese Jessie Fleming e l’italiana Elena Linari. Quest’ultima, già nota per il suo impegno in favore dei diritti LGBTQIA+, rappresenta un simbolo di inclusività nel calcio femminile e ha ribadito la necessità di agire contro le disuguaglianze.
Nonostante sia passato del tempo e la protesta sia ormai diventata virale, la FIFA non ha ancora risposto ufficialmente alla lettera, limitandosi a dichiarare che gli introiti derivanti da accordi commerciali vengono reinvestiti nel calcio femminile, contribuendo alla sua crescita. Tuttavia una simile indignazione ha aperto un dibattito più ampio sulla necessità di bilanciare principi etici e interessi economici nello sport.
Questa presa di posizione segna un passo significativo per le atlete, che si dimostrano ancora una volta pioniere nell’affrontare temi di giustizia sociale e ambientale, sfidando un sistema che spesso privilegia i profitti rispetto ai valori fondamentali.
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Fonte: FIFA x Saudi Aramco
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