La bonifica dell'ex stabilimento siderurgico dove nel 2007 sette operai morirono, in seguito a un incendio, non convince molti. Scopriamo perché
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A sedici anni dalla chiusura dell’ex stabilimento siderurgico ThyssenKrupp di Torino, l’eco dell’incidente del 2007, che costò la vita a sette operai, continua a riverberarsi nell’area di corso Regina Margherita. Oggi, la minaccia persiste sotto forma di contaminazione da cromo esavalente, un agente chimico noto per la sua tossicità e pericolosità per la salute umana e ambientale.
La recente ripresa della messa in sicurezza dell’area, avviata a ottobre 2024, ha acceso il dibattito pubblico e preoccupato gli ambientalisti. Il progetto, che si protrarrà per sei anni e costerà circa 4,5 milioni di euro, finanziato dalla Arvedi Ast, prevede cinque fasi principali di intervento. Tuttavia, le voci critiche, come quella di Armando Monticone di Legambiente Aquilone, sottolineano come questa mossa sia più un contenimento che una vera bonifica. “Lì sopra non si potrà mai fare un parco o costruire qualcosa”, ha spiegato Monticone a Corriere Torino, evidenziando che l’area potrebbe rimanere una “zona morta” anche dopo la conclusione dei lavori.
I numeri e la sfida del cromo esavalente
Il cromo esavalente presente nell’ex sito industriale di Torino rappresenta una delle sfide ambientali più complesse per la città. Le analisi più recenti riportano concentrazioni fino a 440 microgrammi per litro nella falda acquifera, ben 88 volte superiori al limite di legge di 5 microgrammi per litro. Questo dato è cresciuto nel tempo, indicando una persistenza del problema. Il cromo esavalente, facilmente solubile in acqua, si diffonde rapidamente e costituisce un rischio per le acque superficiali e sotterranee, minacciando il fiume Dora, che attraversa il capoluogo piemontese, e la salubrità delle aree limitrofe.
Gli interventi programmati includono la riduzione della fuoriuscita di acqua contaminata e l’impermeabilizzazione di alcune parti del sito per contenere il rilascio di sostanze inquinanti. Tuttavia, secondo Alberto Maffiotti di Arpa Piemonte, “non è detto che un unico progetto di bonifica riesca a completare tutte le attività necessarie”. La natura dinamica e complessa della contaminazione richiede infatti un monitoraggio costante e potenziali adattamenti del piano di intervento.
Tra rischi e rassicurazioni
Arpa Piemonte, l’agenzia regionale per la protezione ambientale, rassicura che per i residenti il rischio è limitato a un contatto diretto con l’acqua contaminata, un’eventualità considerata remota. Tuttavia, la presenza di cromo esavalente nella falda non è solo un problema ambientale e di salute ma potrebbe influenzare anche l’urbanizzazione futura dell’area. Le dichiarazioni dell’assessore all’Urbanistica, Paolo Mazzoleni, hanno infatti aperto uno spiraglio per la trasformazione dell’area in un parco pubblico, ipotesi che però divide opinione pubblica e ambientalisti.
Una messa in sicurezza controversa
Secondo Marcello Badiali, chimico e consigliere della circoscrizione 4, l’intervento in corso è solo un rimando del problema reale. “Stiamo solo spostando il problema in avanti di sei anni senza risolverlo veramente,” afferma, richiamando il fallimento delle misure adottate nel 2019. La tecnica attuale prevede un “sarcofago” che limita l’inquinamento ma non lo elimina, lasciando aperte numerose incognite sul futuro ambientale dell’area.
Le critiche si estendono anche alla tempistica e alla trasparenza degli interventi. L’attuale operazione, già prorogata più volte, è stata avviata solo dopo ripetute pressioni da parte della comunità e delle autorità locali. La volontà di trasformare la zona in un parco pubblico è percepita da molti come un palliativo, un’operazione di facciata che non affronta la radice del problema.
In un contesto di continui sforzi per migliorare la qualità ambientale e affrontare il retaggio industriale, l’ex area ThyssenKrupp rappresenta un banco di prova per Torino e per le sue politiche di sostenibilità. La sfida di gestire e bonificare siti inquinati come questo richiede non solo risorse economiche ma anche una visione a lungo termine che metta al centro la salute pubblica e il rispetto dell’ambiente.
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