Il più bello dei lavori, quello che ci dà un posto nel mondo e ci rende liberi, è la migliore delle soluzioni possibili. Per tutti, nessuno escluso, vale lo stesso imperativo: dimostrare che si può fare, dimostrare che anche i ragazzi con autismo, per esempio, possono imparare un mestiere. Anche quello che sui libri viene raccontato come “impossibile”. Un concetto che va oltre il mero tentativo di accogliere la “disabilità” e che risponde sul serio all’urgenza di inclusione
Indice
A sentir parlare Nico Acampora quasi ti si rovescia il mondo e tutto intorno a te smette di girare vorticosamente. Con lui l’idea di “disabilità”, quel parolone che a nominarlo ti assolve da ogni peccato, assume forma e sostanza diverse. Ha davvero un senso quello in cui hai creduto sinora o avresti bisogno di un semplice scatto in avanti, tac!, per capire che bisogna andare oltre, spostare la tenda delle apparenze ed esplorare davvero quello di cui necessitano le persone con disabilità?
Disabilità (e inclusione): è proprio questo il punto, la parola in cui ci si incastra volutamente per mettere a tacere le nostre coscienze. Ma non accade a Cassina de’ Pecchi, nel milanese, né a Monza, dove ci sono due posti fantastici in cui si lavora sodo. Sono quelli che proprio lui, Nico Acampora (Ambrogino d’Oro a Milano 2021, Cavaliere della Repubblica 2022, Cittadino d’Europa nel 2023), ha messo in piedi col nome di PizzAut, una realtà imprenditoriale che ha dell’incredibile e che ha rivoluzionato il modo di concepire l’inclusione: partire da un talento, tirarlo fuori e restituire dignità con un lavoro. Nulla di più dannatamente semplice.
Quando i ragazzi lavorano, diventano straordinariamente capaci, efficaci, sale l’autostima e fanno delle cose incredibili.
È così che comincia a raccontarmi la sua storia, Nico, barba e sorriso che da soli bastano a farti una coccola.
Ma andiamo con ordine.
L’autismo in numeri, la situazione in Italia
I “disturbi dello spettro autistico” in Italia sono trattati al pari di qualsiasi altra disabilità: superficialmente. E dice bene Nico Acampora: sono uno spettro, un fantasma, appunto.
In Europa ci sono circa 6milioni di persone con autismo, in Italia sono 600mila: 1 bambino su 100 nasce con autismo (fonte: ANGSA Associazione Nazionale Genitori perSone con Autismo).
Con la sigla DSA (“autism spectrum disorder” o ASD) si intendono quelle disabilità dello sviluppo causate da differenze nel cervello (leggo su Disturbi dello spettro autistico: sintomi e trattamenti) e per le persone con autismo in Italia si fa pochissimo: dopo la Giornata mondiale del 2 aprile in cui si illuminano palazzi, le luci si spengono nuovamente e il futuro per una famiglia in cui c’è un ragazzo o una ragazza con autismo diventa nebuloso. Non si riesce a immaginare uno sport, la scuola costituisce un gravissimo problema (non ci sono insegnanti di sostegno o, se ci sono, non sono preparati), e il lavoro per quel ragazzo, per quella ragazza – lo sai, te lo aspetti, sei rassegnato – non ci sarà.
Il motivo? Quella mancanza di interazione sociale, quella difficoltà di comunicazione, quei comportamenti limitati e spesso ripetitivi, diciamocelo, spaventano, e la famiglia e tutto il contesto si accontentano di quel poco nella rabbia più nera. Ma così non è per niente giusto: dare la possibilità di fare un corso di ceramica vita nutural durante non è inclusione, ci vuole dell’altro.
Lo Stato stanzia per ciascun ragazzo con autismo poco o niente e le famiglie fanno i debiti per pagare le terapie ai propri figli. In Italia le aziende dovrebbero assumere 1 disabile su 15 e, incredibile, moltissime piuttosto preferiscono pagare la multa. E se proprio assolvono ai compiti di legge, il 30% sceglie persone con disabilità fisica e meno del 2% con autismo.
La nascita di PizzAut
Un tempo educatore, l’illuminazione di dar vita a un ristorante che impiegasse soltanto ragazzi autistici retribuiti regolarmente e facesse capire che qualcosa di più inclusivo è possibile (ad oggi WorkAut srl gestisce gli stipendi e la ONLUS PizzAut ne è socia) l’ha avuta nel cuore di una notte, nel periodo in cui lui e sua moglie avevano ricevuto una diagnosi di autismo per il loro Leo, di soli 2 anni.
Un’idea che veniva dal profondo del cuore, in fondo a un lungo percorso di frustrazione per quel bambino nato in un mondo che non lo avrebbe accolto, in fondo a una vita con la moglie ripiegata e capovolta, in fondo – poi – a una dolorosa presa di coscienza: “non ho mai gestito un ristorante, ma chi dice che non posso farlo”.
Da qui, esattamente partendo da questo punto, Nico Acampora si è rimboccato le maniche e ha realizzato dapprima “un assaggio di PizzAut”, un programma itinerante che formava aspiranti pizzaioli aiutando e che lo aiutava a comprendere meglio le criticità per un ragazzo autistico all’interno di un contesto professionale. Poi, però, nel pieno delle attività, arriva il Covid ed è allora che nasce PizzAutObus e si decide di trasportare pizza, pizzaiolo e pizzeria nei cortili dei condomini.
Poi, dopo i lockdown tornate a lavorare e il primo maggio del 2021 aprite il primo ristorante a Cassina De’ Pecchi. Ma l’idea originale dei truck però ti è rimasta…
Sì! Ed è questa la novità. Ad oggi PizzAut ha due ristoranti, ma non tutti sanno che durante la pandemia i PizzAutObus sono stati l’unico modo per andare in giro con il claim “invece di portarti la pizza a domicilio, a domicilio ti portiamo tutta la pizzeria”. In questo modo abbiamo portato il servizio alle persone, alle aziende, nel 2022 siamo andati a cucinare per il Papa e poi fuori agli ospedali e ai grandi eventi. Oggi tutti mi chiedono di replicare il ristorante, mi arrivano infatti richieste da mezza Europa. Ma fare un ristorante come sa è complesso e lo è ancora di più un ristorante gestito da persone autistiche che ha bisogno di accorgimenti particolari e di dimensioni particolari. Non è facile sia l’investimento economico sia quello umano professionale, per cui abbiamo pensato che potremmo utilizzare i PizzAutObus, che hanno una potenzialità di comunicazione straordinaria sul tema dell’autismo.
In Lombardia vogliamo realizzare 15 PizzAutObus (uno per Provincia e 4 per la sola Milano), abbiamo già i fondi per 9. Su un PizzAutObus possono lavorare 5 ragazzi autistici: solo in Lombardia, quindi, significa creare 75 posti di lavoro.
Il nostro sogno è farne uno per ogni Provincia italiana: in Italia ci sono 107 Province, 5 ragazzi per ogni PizzAutObus significherebbe potenzialmente poter creare 500 posti di lavoro. È una rivoluzione incredibile.
Quando parla di fondi, che natura hanno?
Certo non pubblici. PizzAut per policy non ha finanziamenti pubblici. Secondo me, se il pubblico ha dei soldi da spendere sull’autismo, lo faccia in insegnanti di sostegno, che sono pochissimi e poco qualificati, in educatori e nelle terapie, perché le famiglie fanno i medici per pagarsi le terapie. Noi ce la caviamo con le nostre gambe e con l’aiuto di una serie di aziende private e soprattutto con il nostro lavoro.
Il progetto lo stiamo facendo in collaborazione con PWC, grande azienda di consulenza che ha sposato la causa di PizzAut e sta facendo con noi il piano di impresa. Secondo PWC, PizzAut facendo i truck food solo in Lombardia fa risparmiare allo Stato italiano 100milioni di euro tra pensioni non erogate e servizi non erogati perché, ovvio, se i ragazzi lavorano…
“Nico, io in quel centro morivo un po’ ogni giorno”
Nico racconta spesso la toccante storia di Lorenzo, autistico oggi impiegato da PizzAut, che ha trascorso 4 anni in un CDD, centro diurno disabili, seduto a un tavolo a fare lavori di ceramica. Si tratta di servizi che vanno benissimo per tante disabilità, ma il segnale forte e terribile che, ahinoi, purtroppo lo Stato italiano non è in grado di fare nient’altro. Motivo per cui le ragazze e i ragazzi con disabilità finiscono tutti lì dentro, anche chi potrebbe non starci.
Lorenzo quando è venuto da me mi ha detto: “Nico, io in quel centro morivo un po’ ogni giorno e qui sono rinato”.
Lorenzo, in quel CDD, prendeva la forchetta e se la piantava in testa: è il classico autolesionismo. Imbottito di psicofarmaci era lì che ripeteva ogni giorno le stesse cose, gli stessi gesti, si sentiva dire sempre le stesse parole e si dava per vinto, infelice e non aiutato nel capire che sì, anche lui avrebbe potuto usare quelle mani e quegli strumenti diversamente.
La sua è una testimonianza di come una forchetta, da oggetto volto a procurarsi del dolore, sia diventata un mezzo di riscatto sociale, tanto che proprio Lorenzo, insieme ad altri ragazzi di PizzAut, hanno servito nel mese di ottobre il pranzo – le pizze – ai grandi della terra per l’ultimo giorno del G7 inclusione e disabilità che si è chiuso con la firma della carta di Solfagnano.
Nico, papà-imprenditore-eroe
Perché ha scelto la pizza?
Perché quando hai un bambino autistico tendi a chiuderti, cominci a non andar più al ristorante, ti chiudi per proteggere tuo figlio. Perché è difficile, quando il tuo bimbo comincia a sfarfallare in mezzo agli altri, rimanere sereno. Perché è difficile, quando tuo figlio comincia a saltare in mezzo agli altri, sostenere lo sguardo giudicante degli altri. Tutti ti pensano un cattivo genitore.
E allora abbiamo cominciato a fare la pizza in casa e a far venire i nostri amici, per stare in compagnia e far rimanere Leo in un ambiente che conosceva, casa sua, dove poteva saltare, poteva giocare come voleva. Mio figlio ha cominciato a impastare con mia moglie e ho pensato: se lo fa lui, che ha un autismo severo, lo possono fare anche i ragazzi grandi.
Cosa si sentirebbe di dire alle famiglie che ancora sono terrorizzate dalla disabilità di un figlio?
Ma è così: tu all’inizio hai un terrore che è enorme. È enorme e sono tanti i momenti in cui ti senti frustrato. Quello che mi vien da dire alle famiglie è che con questo smarrimento bisogna imparare a fare i conti e poi trasformarlo in qualcosa di positivo. I nostri figli possono fare delle cose e noi dobbiamo lavorare perché riescano a fare tutto quello che possono fare e nessuno lo sa esattamente dove possono arrivare. Per alcuni è un traguardo anche solo parlare: mio figlio non ha parlato per tanti anni, adesso parla. Non parla benissimo, ma parla.
L’espressione del dopo-noi è assolutamente infelice e non deve essere la parola magica: il futuro si costruisce nel presente e quindi bisogna lavorare tanto nel presente. Non aspettare che i genitori non ci sono più, mettere da parte dei soldi per mantenere nel modo migliore possibile in un istituto il proprio figlio.
Io credo che i nostri figli, molti di loro se non tutti, possano avere un futuro diverso e il lavoro è sicuramente una parte importante di questo futuro. Non più degenti, pazienti, disabili, handicappati, ma lavoratori.
Oggi PIAZZAUT IMPIEGA 41 ragazzi autistici e, solo per dirne una, a giugno scorso sono volati un attimo a New York per parlare e fare pizze alla 16esima Conferenza Mondiale sulla Disabilità.
Se quindi è vero che il lavoro nobilita l’uomo, quello che mi ha insegnato il Nico Acampora eroe oggi è che quello stesso lavoro non va negato a nessuno.
“Azzardare” a dare dei compiti, dei ruoli, delle mansioni specifiche in quelle pizzerie è stata ed è la carta vincente, affinché quei ragazzi – oggi camerieri e pizzaioli – vengano visti davvero oltre la loro disabilità che tanto impaurisce (gli altri) e abbiano davvero un posto dignitoso in cui stare. E in cui essere persona. Non c’è niente di più logico.
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