Mentre il cambiamento climatico impone nuove sfide all'agricoltura, il MIT si distingue con innovazioni volte a ridurre l'impatto ambientale e aumentare la produttività
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Con l’aumento delle temperature globali, l’agricoltura si trova di fronte a nuove sfide: siccità sempre più frequenti e terreni che rischiano di diventare non coltivabili. Inoltre, è imperativo nutrire una popolazione in crescita senza ampliare l’uso di fertilizzanti e prodotti chimici, che contribuiscono alle emissioni di gas serra e al riscaldamento globale.
Dalla creazione di piante capaci di inviare segnali di allarme quando sono sotto stress, fino a rivestimenti per semi che ne aumentano la resistenza alla siccità, le tecnologie emergenti rappresentano una speranza per un’agricoltura sostenibile.
L’ingegnere Benedetto Marelli, professore associato al MIT e direttore della missione Wild Cards nel progetto Climate Project, sottolinea l’importanza di soluzioni non convenzionali e ad alto rischio, ma ad alto potenziale di impatto:
Dopo l’acqua, il cibo è la nostra priorità. Per supportare un mondo con 10 miliardi di persone, occorre inventare nuovi metodi per produrlo.
Ecco alcune soluzioni messe a punto proprio dal MIT
Proteggere i semi dalla siccità con un nuovo rivestimento
Marelli, proveniente dal settore della medicina rigenerativa, ha sviluppato rivestimenti per semi a base di polimeri naturali come la seta, che offrono protezione e nutrienti durante la germinazione. Ma in che consiste?
Il nuovo rivestimento, che trae ispirazione dai rivestimenti naturali che si trovano su alcuni semi come la chia e il basilico, è progettato per proteggere i semi dall’essiccazione. Fornisce un rivestimento simile a un gel che trattiene tenacemente qualsiasi umidità che si presenti e avvolge il seme con essa. Un secondo strato interno del rivestimento contiene microrganismi conservati chiamati rizobatteri e alcuni nutrienti per aiutarli a crescere. Quando esposti al terreno e all’acqua, i microbi fisseranno l’azoto nel terreno, fornendo alla piantina in crescita un fertilizzante nutriente per aiutarla.
Questi rivestimenti possono contenere batteri che fissano l’azoto, cruciali per le piante in terreni poveri. Le sperimentazioni in collaborazione con l’Università Mohammed VI in Marocco hanno dato risultati incoraggianti, affermano i ricercatori, e ora sono in corso i test sul campo dei semi. In definitiva, se i rivestimenti dimostrano il loro valore attraverso ulteriori test, sono abbastanza semplici da poter essere applicati a livello locale, anche in località remote nei paesi in via di sviluppo.
Microbi come fertilizzanti
Il processo Haber-Bosch, utilizzato per produrre fertilizzanti, è responsabile dell’1,5% delle emissioni globali di gas serra. Ariel Furst, professoressa al MIT, sta lavorando su un’alternativa: batteri ricoperti da gusci protettivi che li rendono più resistenti al trasporto e all’uso.
Questo guscio protettivo potrebbe rendere molto più semplice per gli agricoltori l’impiego dei microbi come fertilizzanti:
Possiamo proteggere così i batteri dal processo di essiccazione, il che ci permetterebbe di distribuirli molto più facilmente e a costi inferiori perché sono una polvere essiccata anziché in forma liquida – afferma Furst – Possono anche resistere a temperature fino a 132 gradi Fahrenheit, il che significa che non dovresti usare la conservazione a freddo per questi microbi
Questi batteri, distribuiti direttamente insieme ai semi, possono eliminare la necessità di fertilizzanti chimici, riducendo sia i costi per gli agricoltori che l’impatto ambientale. Furst ha fondato un’azienda chiamata Seia Bio, che sta lavorando alla commercializzazione dei microbi rivestiti e ha iniziato a testarli nelle fattorie in Brasile.
Piante che comunicano il loro stato di salute
Michael Strano, professore di ingegneria chimica al MIT, ha sviluppato sensori che, integrati nelle foglie delle piante, rilevano segnali di stress come la siccità o gli attacchi di parassiti.
I sensori rilevano due molecole di segnalazione che le piante usano per coordinare la loro risposta allo stress: il perossido di idrogeno e l’acido salicilico (una molecola simile all’aspirina). I ricercatori hanno scoperto che le piante producono queste molecole in momenti diversi per ogni tipo di stress, creando modelli distintivi che potrebbero fungere da sistema di allerta precoce. Questi sensori permetterebbero, quindi, agli agricoltori di intervenire tempestivamente per prevenire perdite di raccolto, migliorando la resa agricola.
Ridurre l’uso di pesticidi ottimizzando l’aderenza
Kripa Varanasi, professore di ingegneria meccanica al MIT, ha progettato tecnologie per migliorare l’efficienza nell’uso dei pesticidi. Tra queste, un sistema che ottimizza l’adesione delle gocce di pesticida alle foglie, riducendo gli sprechi.
Miliardi di gocce di pesticida vengono spruzzate su ogni acro di raccolto, e solo una piccola frazione alla fine raggiunge e rimane in linea con l’obiettivo. Questo mi è sembrato un problema che potremmo contribuire a risolvere”, afferma il ricercatore che, insieme ai suoi studenti, ha iniziato a esplorare strategie per far sì che le gocce di pesticida aderissero meglio alle foglie, anziché rimbalzare. Hanno scoperto così che se aggiungevano polimeri con cariche positive e negative, le goccioline caricate in modo opposto avrebbero formato un rivestimento idrofilo (che attrae l’acqua) sulla superficie della foglia, che aiuta le goccioline successive applicate ad attaccarsi alla foglia.
La sua azienda, AgZen, ha sviluppato un dispositivo in grado di monitorare in tempo reale la distribuzione dei pesticidi, aiutando gli agricoltori a risparmiare fino al 50% dei prodotti chimici.
Il futuro dell’agricoltura è resiliente e sostenibile
Questi progressi, nati dalla sinergia tra diverse discipline, rappresentano un passo importante verso un’agricoltura più sostenibile e adattabile ai cambiamenti climatici. Ridurre l’impatto ambientale, migliorare l’efficienza e garantire la sicurezza alimentare globale sono gli obiettivi principali di questa rivoluzione agricola.
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Fonte: MIT
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